Raccolta articoli C&TL

                                                    

 

                                                                                Mountain Bike

 

 

 

 

da C&TL -Anno 1 N. 1 Giugno 1996

 

ANDARE IN BICICLETTA di Guido Sardi

 

La bicicletta non è solo il giro d’Italia, nè lo strumento quotidiano della povera gente avvezza a trarre combustibile dalle proprie riserve muscolari.

La bicicletta è uno strumento di viaggio di antico splendore che i tempi rendono, da un punto di vista culturale, modernissimo.

Andare in bicicletta non è solo un sogno o un svago. E’ una presa di coscienza perfetta del degrado della natura e dell’urlo con il quale la natura stessa, dentro e fuori di noi, reclama rispetto.

La bicicletta è il veicolo perfetto d’un viaggio che consente all’uomo, non solo un piacere fisico e morale, ma anche, un incontro immediato col mondo nel quale è possibile ritrovare il filo conduttore di una vita che il consumismo, ed in qualche modo il cattivo uso della tecnologia, hanno spezzato.

Andare in bicicletta significa ritrovare se stessi in un quadro che stimola la fantasia e rende il viaggio più giusto in quanto più vicino alla dimensione dell’uomo.

Significa ovviamente riscoprire i dolci rumori della campagna e rispettarli di più se non, addirittura, tornare a rispettarli.

Significa vedere il paesaggio della vita e conoscere di pari passo, con il gusto della riflessione, la bellezza delle cose che l’uomo nei tempi ha costruito.

Andare in bicicletta significa anche amicizia: una lunga pedalata non è solo un esercizio fisico ma anche esercizio quieto della conversazione che difficilmente altre circostanze quotidiane consentono.

E, soprattutto, andare in bicicletta significa ritrovare un contatto con la natura e quindi con la vita.

Un contatto perduto nei meandri del traffico e dei frequenti ingorghi di vetture nei grandi esodi o nei rientri dei week end.

La bicicletta si propone all’uomo come una gentile compagna quasi messaggera della natura.

Se tutti andassero in bicicletta la vita sarebbe meno inquinata: non solo perché respireremmo meno smog ma anche perché ci renderemmo conto dei danni che ogni giorno arrechiamo all’ambiente, del quale, con la bicicletta torniamo quasi per miracolo ad essere parte.

Andare in bicicletta è percorrere su due ruote i più bei sentieri delle nostre montagne, scivolare silenziosi lungo i pendii erbosi alla scoperta di nuove sensazioni.

Andare in bicicletta è una esperienza che ognuno di noi dovrebbe provare.

 

da C&TL -Anno 1 N. 2 Luglio 1996

 

PEDALANDO IN ALLEGRIA SULLE RIVE DEL DANUBIO

 di Paola e Gabriele Cipriani

(dal diario di due partecipanti alla cicloescursione in Austria dello scorso maggio).

 

1° giorno - Martedì 21 maggio 96 - Viaggio di trasferimento

Partenza da Pistoia, ore 7,30 circa, destinazione YBBS a.d. Donau - AUSTRIA.

Partecipanti 21, distribuiti su due pulmini ed un furgone per il trasporto delle biciclette.

Capo gruppo: come sempre Guido (Sardi n.d.r.) garanzia di affidabilità e ottima organizzazione.

Il gruppo è piuttosto eterogeneo per età, sesso, gusti ed abitudini ma due cose sono comuni a tutti: la passione per la bici e l’allegria. Tempo incerto tutto il giorno.

Viaggio tranquillo, paesaggio piacevole. Sosta per pranzo e rifornimenti oltre la frontiera del Brennero.  Arrivo in serata a Ybbs, dopo 930 chilometri. Sistemazione in albergo e cena. Dopo mangiato passeggiata sulle rive del Danubio: qui il fiume non è ancora molto grande, ma ha già una portata d’acqua notevole ed un certo fascino.

2° giorno - Mercoledì 22 maggio 96 - Comincia la pedalata

Dopo aver scaricato le bici dal furgone ed augurato buon viaggio alle guidatrici dei pulmini (preziosissima la loro opera!), ci avviamo verso Melk dove è prevista la prima sosta. La giornata è fredda e minaccia pioggia, ma la natura che ci circonda è bellissima e tutti noi siamo di buon umore. La Marzia (Innocenti n.d.r.), è quasi sempre nelle prime posizioni: se continua così prende sicuramente la maglia rosa!

Arriviamo a Melk verso le 13. Rendez-vous con i pulmini. Facciamo uno spuntino e visita all’abbazia benedettina (che ha ispirato lo scrittore Umberto Eco nel suo capolavoro “Il nome della rosa”). Dopo aver evitato un terribile temporale, riprendiamo il viaggio verso Krems, nostra prossima destinazione. Pedaliamo di buona lena in mezzo ad un paesaggio bello ed ameno, il morale è alto, la stanchezza non si fa tanto sentire, ma il mal di c... si.

Sul fiume intanto i convogli di barconi e chiatte per il trasporto merci,  ci accompagnano per tutto il tragitto. La maggior parte batte bandiera dei paesi dell’est e risalgono il fiume:  probabilmente si stanno dirigendo verso la Germania.

Più avanti, una frana sulla strada cerca di interrompere il nostro cammino; ma la persuasione di Sandrino (Zinanni n.d.r.) e compagni, convince gli inflessibili operai teutonici a farci passare. Il percorso, come previsto, è tutto pianeggiante. Ci lasciamo via via alle spalle tutti i caratteristici paesini che si snodano lungo il fiume. Verso le 18, dopo 85 chilometri arriviamo a Krems. Troviamo quasi subito l’Hotel: sistemazione buona, i pulmini ci hanno preceduto. Le guidatrici ci stanno aspettando euforiche; ci raccontano (con un fiume di parole!) gli aneddoti e le esperienze della giornata: le “attenzioni” dei camionisti, le multe evitate e quelle prese, gli scambi di opinione con gli intransigenti automobilisti austriaci; d’altronde da queste parti non è molto frequente imbattersi in tre pulmini guidati da sole donne. Dopo cena ci dividiamo in due gruppi: uno per la visita della cittadina by night e l’altro nella camera di Lele (Cipriani n.d.r.) per assistere alla finale della Coppa Campioni che viene trasmessa anche dalla TV austriaca.

 

3° giorno - Giovedì 23 maggio 96 - Arriviamo a Vienna

 Il tempo è migliorato ma è sempre abbastanza freddo, siamo pensierosi, oggi i chilometri da fare sono tanti. Il Peppe (Gandolfi n.d.r.) ha indossato tre paia di pantaloncini imbottiti: ha il didietro un po' in crisi!

Le piste ciclabili in Austria sono veramente ben tracciate e ben curate, il paesaggio è ancora più bello del giorno prima, a sinistra scorre il Danubio a non più di tre metri da noi, a destra la pista è fiancheggiata da boschi e prati che ci accompagnano fino a Vienna. Qui la “cultura” della bici è a livelli stratosferici: sulle piste sembra di essere sull’Autostrada: gente di ogni età che va e viene; gruppi di anziani con zaini e bagagli appresso, famiglie intere, donne e bambini che ci sorpassano scampanellando allegramente. Tutti ci salutano cordialmente: Auf Wiedersehen,  Guten Morgen, hallo, ciao! E, ogni tanto, lungo la pista punti di ristoro caratteristici dove ci si può fermare per bere mangiare e fare i bisognini.

Siamo nella regione del Wachau, qui il vino è ottimo  la cucina pure. Facciamo tappa a Tulln, località più che amena, dove ci ristoriamo e ci riposiamo.

Riprendiamo la strada, stiamo bene, marciamo in gruppo compatto ad andatura piuttosto elevata. Ci fermiamo a Klosterneuburg, per vedere l’unica chiesa gotica della zona e la corona d’Austria. E, come al solito, ci siamo persi Paolino (Bresci n.d.r.) che è andato avanti per conto suo.

Ormai siamo alle porte di Vienna. Abbiamo percorso più di 100 chilometri. Lasciamo la pista sul fiume per dirigersi verso il centro. Le piste ciclabili continuano anche in pieno centro, in mezzo al traffico, e la gente non si azzarda nemmeno a invadere le corsie o a sostarvi in mezzo. Addirittura sono previsti semafori per le biciclette, parcheggi ovunque e spazi riservati sulle carrozze della metropolitana.

Arriviamo al nostro Hotel precedendo di poco i pulmini, meno male che non si sono persi!!

Dopo cena (suppen, pollastro e fusilli come contorno!) è in programma una visita alla città ma la stanchezza è troppa. Buona notte! A domani!

 

4° giorno - Venerdì 24 maggio 96 - Visita di Vienna

Iniziamo la giornata con una buona colazione.

(L’albergo è veramente ottimo - 4 stelle). Vengono formati due gruppi per la visita alla città, uno in bici e l’altro a piedi utilizzando la metropolitana per raggiungere tutti i più importanti luoghi da vedere. La visita è veloce poichè i monumenti sono concentrati in uno spazio abbastanza limitato. Ammiriamo i palazzi reali, la chiesa di S.Stefano, la Rathaus, il Parlamento e soprattutto Schoenbrunn la famosa residenza estiva di Francesco Giuseppe e Sissi. Questa sera la visita alla città by night non ce la leva nessuno. Alcuni di noi si recano al  Prater, altri in centro (capatina da Sacher la  famosa pasticceria), altri provano al Casinò (ma desistono: troppe regole e troppa pompa magna).

5° giorno - Sabato 25 maggio 96 - Inizia il viaggio di ritorno

Comincia così il rientro verso casa.

Lasciamo Vienna in direzione di Salisburgo. Per la strada ci fermiamo a Mauthausen per visitare il lager nazista. Situato su una collina in mezzo a verdi prati, l’ambiente circostante è molto piacevole e rilassante, ma quello che vediamo all’interno del lager è veramente sconvolgente. L’allegria che ci ha accompagnato per tutti questi giorni si spegne di colpo. Sembra quasi impossibile che degli esseri umani, si fa per dire, abbiano potuto commettere simili atrocità su altri esseri umani: che vergogna ! Sull’orlo del precipizio da dove le SS si divertivano a gettare di sotto i poveri disgraziati ci prendiamo  per mano con la promessa di non dimenticare e di fare, nel nostro piccolo, il possibile affinchè tutto ciò non accada più.

A sera, ancora scossi, ci fermiamo per la notte alle porte di Salisburgo. La tristezza non passa anche perchè il tempo ci mette del suo: piove a dirotto, sembra di essere tornati in pieno inverno.

Ma è l’ultima sera e per darci uno “scossone” dopo una breve visita al centro di Salisburgo, ci ritroviamo tutti in una pizzeria semi-italiana. Grazie agli spaghetti, alla pizza ed al proprietario del locale (un tipo simpatico e caratteristico di non chiare origini: dice di essere un po' siciliano, un po' algerino, un po' slavo) ritroviamo un po' di serenità. In particolare la Valchiria (Niccolai n.d.r.), dopo giorni di zuppette e bracioline, davanti ad un bel piatto di spaghetti ritrova come d’incanto la sua consueta verve.

 

6° giorno - Domenica 26 maggio 96 - Ahimè! E’ finita

Ritrovata la serenità perduta, trascorriamo la mattinata visitando Salisburgo. La cittadina è stupenda. Tutto è rimasto come ai tempi di Mozart: la fortezza, i giardini, il castello, le chiese, le stradine, i negozi, i caffè.

Sulla tarda mattinata riprendiamo il viaggio di ritorno. Tutto regolare fino a Pistoia dove giungiamo alle ore 20. Finisce  così, tra saluti e baci e con l’augurio di ritrovarci presto per nuove avventure, l’allegra escursione in Austria del gruppo Caripit Bike.

 

da C&TL -Anno 1 N. 4 Novembre/Dicembre 1996

 

APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

31 agosto 1996 niente poteva far prevedere ad una cosi' brutta giornata.

Il cielo era buio nonostante fossero già le otto passate e le nuvole che lo ricoprivano erano scure e minacciavano pioggia da un momento all'altro.

Le bici erano però già ben fissate sul tetto della macchina e la voglia di far girare i pedali e trascorrere una giornata in compagnia e a contatto con la natura era tantissima.

Ci siamo guardati, come per dire sarebbe quasi meglio tornare a letto, e poi, nonostante cominciassero a cadere le prime gocce, abbiamo deciso comunque di partire: destinazione parco dell'Orecchiella.

Le nuvole che prima erano solo  minacciose ora stavano scaricando su di noi tutta loro rabbia e sembrava quasi non avessero gradito la nostra decisione considerandola come una sfida. Arrivati a Castelnuovo di Garfagnana ci siamo resi conto, dopo essersi consultati brevemente, che non era il caso di andare avanti e, anche se dispiaciuti, abbiamo capito che questa era la decisione più giusta; girate le macchine, anziché ripercorrere la solita strada, abbiamo proseguito in direzione Carrara.

Curva dopo curva, ed erano tante, si aprivano davanti a noi splendidi scenari paesaggistici dove le cave di marmo  erano sicuramente il soggetto principale e man mano che si scendeva, le nuvole lasciavano lo spazio a qualche timido raggio di sole.

Era smesso di piovere.

Arrivati a Carrara senza perdere tempo abbiamo sceso le bici dalle macchine e, via, siamo partiti alla scoperta di un nuovo itinerario.

La salita si è fatta subito sentire e non poteva essere altrimenti poiché stavamo dirigendoci vero le Alpi Apuane.

Chilometro dopo chilometro abbiamo raggiunto Fantiscritti e da lì, attraverso una galleria di circa cinque chilometri completamente buia scavata nella montagna, siamo arrivati a Colonnata: splendido paesino appiccicato alla montagna dove ancora oggi  tutto parla di memorie ed è possibile  respirare l'aria di un tempo che fu.

Dopo aver acquistato un bel pezzo del famoso lardo di Colonnata,  trattato e preparato con antiche ricette tramandate di generazione in generazione, ci siamo tuffati in una lunga e veloce discesa che ci ha condotti dopo parecchie curve, un piatto di pasta e fagioli da ’Ometto‘ e una visita a una cava di marmo, fino alla città di Carrara .

Una breve visita allo splendido Duomo, e abbiamo raggiunto in breve le nostre macchine.

E’ stato sufficiente solo uno sguardo per capire la nostra grande soddisfazione .

La giornata che sembrava nata sotto una cattiva stella si era conclusa nel migliore dei modi: rimaneva solo il rammarico di aver lasciato ancora tantissime cose da vedere e da apprezzare poiché in un solo giorno ci è stato praticamente impossibile svolgere un itinerario competo; sicuramente ci sarà una prossima volta.

Non sono poi però trascorsi molti giorni che già siamo nuovamente in partenza con destinazione Isola d’Elba.

Sono gli ultimi giorni di settembre ed è nostra speranza trascorrere un week-end di sole, mare  e naturalmente mountain bike.

Ma anche in questa occasione la stagione non ci è stata amica e quei minacciosi nuvoloni che ci avevano severamente accompagnati sulle Apuane, non intendono lasciarci e  hanno deciso di seguirci per farci compagnia.

Ma niente paura perché fra di noi ci sono solo uomini “ duri “ e, senza la minima esitazione le ruote delle bici hanno cominciato velocemente, si fa per dire, a girare: naturalmente subito in salita .

Dopo qualche chilometro sono iniziate le prime schermaglie tra i bikers più agguerriti . A fare l’andatura c’erano il Barba detto la “bestia“ e il Lele detto il “solitario“: il Guido, “l’organizzatore“, invece faceva da scopa cioè - raccattava - quelli che erano in crisi: le donne, erano in due, si difendevano magnificamente e davano battaglia ai meno allenati.

Da Marciana Marina a Poggio e poi su verso il monte Perone.

L’ascesa  è stata abbastanza faticosa ma ne è sicuramente valsa la pena poiché quassù sembra essere su una grande terrazza sul mare e si domina con lo sguardo tutta la parte ovest dell’isola: quella che si affaccia sul golfo di Marina di Campo .

Dopo pochi minuti sono finalmente arrivati anche gli ultimi ritardatari con la lingua che quasi toccava la ruota anteriore. Solo il tempo di fare qualche foto e ...., via, ci siamo tuffati in una lunga e veloce discesa in direzione Campo nell’Elba. Davanti a noi immenso ed azzurro c’era il mare e sembrava così vicino da poterlo toccare: era così calmo e piatto che suscitava piacere e serenità.

Al termine della discesa abbiamo ricominciato a salire gradualmente e,  superato le località di Cavoli, Seccheto, Fetovaia, Pomonte, Chiessi , dove il Lele
ha tagliato da solo tutti i traguardi della montagna, abbiamo raggiunto l’abitato di  Marciana e da lì nuovamente in discesa fino a Marciana Marina  dove avevamo parcheggiato le macchine. Abbiamo percorso più di sessanta chilometri ovviamente quasi sempre sotto la pioggia.

Purtroppo due giorni passano in fretta  ed è già arrivato il momento di tornare a casa: resta solo da sottolineare due particolari quasi insignificanti: la traversata non è stata troppo tranquilla e pioveva a dirotto.

Si chiudeva così una gita che, a parte l’inclemenza del tempo, possiamo dire riuscita perfettamente

E’ trascorso appena un mese e abbiamo deciso di riprendere e continuare il percorso già iniziato qualche mese prima sulle montagne Apuane .

Sono le ore 7.30 di sabato 26 ottobre: il ritrovo è come al solito al distributore Agip davanti alla C.O.O.P. Arrivati anche gli ultimi ritardatari, siamo partiti in direzione mare e in meno di un ora abbiamo raggiunto la località Cinquale da dove è iniziato il nostro itinerario che si svolgerà nelle zone soprastanti la città di Massa.

Parcheggiate le macchine sul vialone che costeggia l’aeroporto del Cinquale ci siamo diretti in direzione Montignoso lasciandoci il mare alle spalle.

La giornata prometteva  bene il clima era mite e non pioveva . Alla nostra destra era possibile osservare i resti dell’antico castello di Aghinolfi che domina la piana dall’alto di una collina .

Abbiamo iniziato a pedalare quasi subito in salita e il gruppetto, dopo qualche chilometro, ha subito una inevitabile spaccatura. Naturalmente non ci sono traguardi da raggiungere e anche i più agitati aspettano sempre coloro i quali procedono più lentamente poiché, è bene insistere che , l’andare in bicicletta per noi è, e deve essere,  solo un piacere: una occasione per conoscere posti nuovi e vivere allegramente  giornate all’aria aperta in compagnia di amici . Superato il piccolo comune di Montignoso abbiamo raggiunto la località il Pasquilio situata ai piedi dei monti Belvedere e  Carchio .

In questi luoghi possiamo dire che si è determinata una parte della nostra storia poiché proprio su queste montagne passava la Linea Gotica In questa piazza,  un monumento si erge a ricordare ciò  che qui,  non moltissimi anni fa, si è tristemente consumato. Dalla piazza si inerpica sopra strada una bella carrareccia che costeggia le antiche postazioni militari immerse in uno splendido contesto naturale che fu scenario e  spettatore silenzioso della seconda guerra mondiale.

Non abbiamo molta voglia di scherzare: la nostra allegria è rimasta qualche chilometro più in dietro. In questo assoluto silenzio sembra quasi di sentire ancora vivi gli echi degli spari, il fragore assordante dello scoppio delle bombe e le urla strazianti di terrore e dolore. Procediamo in religioso silenzio come a rispettare un qualcosa oramai compiuto e ravvivato soltanto nella memoria.

Ritornando sui nostri passi siamo nuovamente scesi al Pasquilio  e da li’ sempre in discesa, ripercorrendo

parte di strada fatta precedentemente in salita, abbiamo raggiunto e seguito il bivio per Massa.

Nel frattempo era ritornato anche il buon umore e la discesa si presentava divertente e veloce.

Solo l’odore delle caldarroste e dei necci è riuscito a bloccare bruscamente le ruote delle nostre mountain bike

Eravamo in località Pariana e lungo la strada era allestito uno stand dove venivano cucinati  necci, castagnaccio, e caldarroste .

Seduti intorno ad un tavolo la fatica era ormai dimenticata e solo dopo varie decine di necci e qualche bicchiere di vino novello, abbiamo potuto riprendere il cammino e in breve abbiamo raggiunto la città di Massa e quindi l’aeroporto di Cinquale dove avevamo lasciato le nostre macchine .

Anche questa escursione è terminata nel migliore dei modi e con grande soddisfazione da parte di tutti; vi è solo un po’ di malinconia, quando giunge il momento di riporre le bici nella macchina, che passa però quasi immediatamente quando si comincia a progettare la prossima escursione e sicuramente non ci sarà molto da aspettare.

 Infatti sabato 9 Novembre siamo ripartiti .

“ I cipressi che a Bolgheri alti e schietti van da San
Guido
in duplice filar , quasi in corsa ......... “ è questo l’inizio di bellissima poesia di Giosuè Carducci ed è anche l’inizio del nuovo itinerario “attraverso la via del vino “. Dato il periodo ci è sembrato particolarmente interessante organizzare un percorso che sposasse due caratteristiche peculiari di questo angolo di Toscana quali la natura e la cultura culinaria caratteristiche primarie di questi luoghi .

Il gruppo era piuttosto numeroso e come sempre l’entusiasmo non mancava.

Dopo aver parcheggiato le macchine nei pressi di San Guido, siamo partiti in direzione Bolgheri e, visitato il piccolo e suggestivo borgo, ci siamo immersi nella macchia della Magona. Eravamo accompagnati  in questo interessante viaggio da una guida, Luca, che ci spiegava e cercava di farci capire  il lento variare della vegetazione che si trasformava, chilometro dopo chilometro, da bosco termofilo tipico della macchia mediterranea in bosco mesofilo con ricca presenza di querce e latifoglie.

Avevamo anche la presenza femminile, quattro donne, e, a parte qualche piccolo inconveniente, possiamo sicuramente dire che si sono comportate magnificamente .

Usciti dalla macchia siamo giunti in località Bibbona dove abbiamo pranzato e degustato il buon vino novello, in una azienda agricola . Dopo una breve visita alle cantine  siamo ritornati a San Guido punto di partenza del nostro itinerario.

La stagione questa volta ci ha assistito ed il clima era primaverile; non è mancata l’allegria e la soddisfazione da parte del gruppo anche  se un breve tratto del percorso, che però ha contribuito a rendere più varia ed entusiasmante la gita, era proprio da “Camel Trophy“.

L’inverno e la “vera“ brutta stagione stanno incalzando inesorabilmente e questa sarà sicuramente una delle ultime gite per questo anno  e infatti , proprio con la gita di Domenica primo Dicembre sulle colline Senesi, abbiamo ufficialmente chiuso la nostra stagione ciclo-escursionistica .

Non sto ora a raccontarla nei particolari anche perché, al momento che sto scrivendo, non è stata ancora realizzata; prometto comunque che riferirò nei minimi dettagli alla prossima occasione .

Le mountain bike, a parte qualche breve uscita quando la stagione lo consentirà, andranno in letargo per essere revisionate, riparate se necessario, e disponibili per l’anno prossimo a nuove stimolanti avventure in allegra compagnia.

Appuntamento quindi a “fra poco“ sempre numerosi e più entusiasti che mai.

 

 da C&TL Anno 2 N. 1 - Gennaio/Febbraio 1997

 APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

Alzarsi presto la mattina è sempre molto faticoso anche quando si tratta di una escursione in bicicletta .

Quando suona la sveglia è abbastanza drammatico, ma dopo i primi minuti di sbandamento, mi rendo conto che non è la solita suonata dei giorni lavorativi e lo squillo ha un suono diverso forse meno minaccioso.

Anche se oggi è giorno di riposo, la sveglia  è suonata per annunciare una escursione con la bici, fedele compagna di tanti viaggi.

 L’atteggiamento verso il diabolico ordigno cambia subito e, in fretta e furia, sempre nel più assoluto silenzio per non svegliare nessuno, mi alzo dal letto e comincio i preparativi. .

Il rituale è quasi sempre lo stesso: controllare di aver preso tutto l’occorrente per la gita è la cosa principale; non devono assolutamente mancare le cartine, la documentazione sul percorso che andremo a fare, tutto l’ occorrente per eventuali, speriamo di no, guasti tecnici  e, infine, dare un’ultima controllata alla bici, prima  di  caricarla  sulla macchina, è d‘obbligo.

Il ritrovo è sempre al solito posto e dopo i saluti e i soliti discorsi di circostanza, ancora un pò tutti non del tutto svegli, ci sistemiamo nelle vetture e, via, si parte .

Il viaggio è abbastanza lungo ma, col trascorrere del tempo ci rendiamo sempre più conto che sicuramente ci attende una splendida giornata di bici e aria buona .

Usciti dall’autostrada del sole e imboccata la superstrada Firenze-Siena, si presenta davanti a noi uno scenario a 360°  che mette subito in evidenza la straordinaria bellezza dei luoghi che stiamo andando a visitare.

La macchina avanza velocemente su questa lingua di asfalto che passa in mezzo prepotentemente, quasi come elemento di disturbo, a questo susseguirsi di basse collinette e di piccoli borghi antichi che scaturiscono intatti da un passato ormai molto lontano.

Tutto ci passa davanti così velocemente che sembra quasi essere risucchiati da questo straordinario scenario e i nostri volti che prima erano assenti e assonnati , ora sono luminosi e carichi di entusiasmo.

Superata la città di Siena abbiamo proseguito in direzione Sovicille e da lì in breve siamo giunti a Ville di Corsano: una piccola frazione composta da un fazzoletto di case non molto distante dalla via Cassia, situata tra Siena e Buonconvento.

Non sono case scavate nella pietra ma, formate da robusti blocchi  che sorgono in una posizione  estremamente tranquilla ed amena, vicinissime al fragore del torrente.

Ed è proprio da qui, dal parcheggio di questo suggestivo complesso agrituristico, che è iniziato il nostro itinerario.

Ormai la voglia di muovere i pedali delle nostre mountain bike era diventata moltissima e finalmente era giunto il momento di liberarle dal porta-biciclette fissato sul tetto della macchina: dopo aver esplorato con lo sguardo tutto quello che ci stava  intorno, sistemato le ultime cose nello zaino, abbiamo finalmente iniziato a far muovere i pedali.

E‘ sempre suggestivo e appassionante pedalare attraverso le splendide colline senesi e il panorama che si presenta agli occhi del visitatore non è mai uguale  ed è sempre carico di spunti e motivi per poter sciogliere le briglie della fantasia e far correre libera la nostra  immaginazione.

Le colline si accavallano, si incontrano e si scontrano fondendo i vari colori in un colore unico sempre diverso, forse difficile da trovare anche sulla tavolozza del pittore più esperto, dove di tanto in tanto  si ergono imponenti e maestosi  casolari in pietra  attorniati qua e là  da austeri cipressi che sembrano fare da sentinelle.

Imponenti e maestosi , però così piccoli e indifesi, affogati da questi immensi pianori che si perdono fino a dove lo sguardo può arrivare.

Avvolti da questo contorno quasi irreale, le ruote delle nostre biciclette, avanzavano con lento rotolare  su queste lunghe strisce di terra chiara  e, anche se la temperatura era abbastanza fredda, il sole alto e libero nel cielo provvedeva ad attenuare le nostre fatiche. Ville di Corsano, luogo da dove eravamo partiti, era ormai alle nostre spalle  e ci  dirigevamo verso la piccola frazione di Magnano.

Il Paciolo, nome di battaglia, è stata la guida: conosceva bene il percorso poiché lo aveva provato qualche mese prima; Corrado e Renato l‘automezzo di appoggio con macchina fotografica a bordo e, ultima cosa da segnalare, la mountain bike nuova, prestata, della Marzia.

I più allenati hanno iniziato subito con un‘andatura abbastanza sostenuta che però veniva immediatamente adeguata a quelli meno veloci e  dopo varie pedalate, tanti  commenti, alcuni momenti di stupore e qualche risata, abbiamo raggiunto San Rocco a Pilli dove abbiamo sostato per recar visita ad una famiglia amica del Paciolo.

L’ospitalità e la gentilezza ci hanno lasciato senza parole poiché non è usuale incontrare persone con uno spirito di accoglienza così disinteressato che si attivano in mille modi per rifocillare un “branco“ di ciclisti affamati e sudati.

Dopo la breve sosta, i saluti e i ringraziamenti, abbiamo ripreso la nostra pedalata dirigendoci verso Bagnaia  e man mano che procedevamo i nostri occhi si riempivano di paesaggi e squarci di cielo azzurrissimi dai quali, dopo qualche chilometro di saliscendi e qualche fotografia, sono apparsi come per magia i grigi tetti della piccola borgata  che sembrava essere in letargo. Il silenzio e l’abbandono facevano da padroni e le case sembravano essere disabitate.

Dopo qualche commento abbiamo ripreso il cammino e in breve ci siamo trovati ad affrontare una salita abbastanza impegnativa dove, quasi subito, le parole hanno  lasciato il posto al fiato-grosso.

Fortunatamente si è trattato solo di qualche chilometro poiché cominciavamo ad essere un po’ stanchi e la fame si faceva sentire tanto che, appena raggiunta la strada asfaltata già ci sembrava di avvertire il buon odore  proveniente dalle cucine dell’agriturismo  nel quale avremmo consumato il pranzo.

E finalmente a tavola, con tanta fame condita da allegria e soddisfazione: tra una portata e l’altra, facevamo nuovi progetti e si pensava già ai prossimi luoghi da visitare. 

Inevitabilmente di fronte a quelle ottime e gustose pietanze le proposte e le idee nascevano e si moltiplicavano; stavamo assistendo ad una grande “abbuffata“ in piena regola ed anche i meno allenati sui pedali, a tavola si difendevano benissimo e senza fiatone. Comunque tutti contenti e soddisfatti pensavamo fin da allora  al momento di rimettere in moto le nostre biciclette: anche se ci aspettava il periodo invernale, certamente non ci saremo fermati.

I saluti e gli arrivederci alla prossima, lasciano sempre un po’ di vuoto intorno; è un po’ come quando da piccolo, alla festa del tuo compleanno, dopo tanta gioia e allegria, ti ritrovi da solo perché la festa è finita e tutti i piccoli amici se ne sono andati.

E anche questa volta se ne sono andati proprio tutti, non mi restava altro che mettere in moto e ritornare verso casa, non perdendo di vista lo specchietto retrovisore per osservare ancora una volta i tetti sparpagliati di Ville di Corsano .

 

......... e si riparte !!!

 

12 aprile 1997 sono trascorsi alcuni mesi dalla nostra ultima escursione e finalmente è giunto il momento di rispolverare le fedeli mountain bike  e ripartire nuovamente  verso una zona  da noi non lontanissima e carica di tradizioni e di storia: la Maremma.

Dopo alcune ore di viaggio si apre finalmente davanti a noi, da destra verso sinistra, lo splendido paese di Pitigliano: una città dove tutto parla di storia come se il tempo non fosse mai passato e  denominato la “piccola Gerusalemme“ in seguito all‘insediamento di una piccola comunità ebraica che ne  ha sicuramente influenzato la tradizione e la cultura ;  arroccato su un promontorio tufaceo, a cavallo tra la maremma e il monte Amiata,  si sviluppa in maniera irregolare come le mura di una enorme fortezza; in altezza spicca sopra tutto il campanile, un tempo torre di avvistamento, alto circa 35 metri.

Viuzze anguste e vicoli bui  che si intrecciano e si sfiorano con ai lati case appiccicate, che sembrano sorgere spontaneamente dal masso tufaceo,  dove le finestre quasi si toccano. Dalla terrazza della piazza del paese si spalanca sotto di noi tutta la pianura e le macchine e le persone sono piccole e irraggiungibili.

Il fiume Fiora lambisce questo promontorio proseguendo sicuro il suo cammino fino al mare. Ci sono molte testimonianze che attestano la presenza di insediamenti umani in questa valle fino dalla preistoria e inoltre vi sono numerose necropoli disseminate sulle rive del torrente Meleta e del fiume Fiora, che provano la vitalità dell’abitato in epoca etrusca.

Da questo straordinario paese ha inizio la nostra escursione. 

Gli amici di “ Pagaiando “ ci stavano aspettando e, dopo aver effettuato le iscrizioni, come un lungo serpentone ci siamo messi in moto lasciandoci alle spalle Pitigliano.

E’ questo un appuntamento annuale che raduna in questa parte di Toscana ciclisti e canoisti da tutte le parti d‘Italia per trascorrere due giornate di sport e cultura.

Ci siamo trovati a pedalare in questo “museo all‘aperto permanente“ e dopo qualche chilometro di saliscendi abbiamo raggiunto la “via Cava“ - opera viaria risalente al periodo etrusco: un percorso particolarissimo che si incunea profondamente per lunghi tratti nella viva roccia: pareti molto alte e ripide ricoperte quasi completamente da muschi e licheni dove rimane difficoltoso persino camminare.

Abbiamo proseguito lentamente con le bici in spalla, facendo molta attenzione a non cadere e, di tanto in tanto, potevamo scorgere le orme dei muli scolpite nella pietra liscia e umida.

Le fatiche sono terminate in un largo sterrato che procedendo in piano ci ha condotto davanti ad un enorme pentolone pieno di acqua bollente in procinto di accogliere vari chilogrammi di pasta. Ma nonostante la buona volontà da parte degli organizzatori, la pasta era veramente pessima; ognuno, comunque, ha finito la sua porzione e qualcuno addirittura ha chiesto il bis.

Siamo ripartiti un po’ più appesantiti e rilassati fino a raggiungere la città di Sovana che avrebbe meritato sicuramente una visita più accurata.

Questa piccola città è veramente un gioiello di inestimabile valore che racchiude e custodisce silenziosamente nelle sue pietre secoli e secoli di storia, reperti e testimonianze che ci riportano indietro nel tempo fino alle nostre origini più lontane.

Lasciata la piccola città, un’ultima salita abbastanza impegnativa ci ha riportato a Pitigliano.

 

L’albergo era molto confortevole e la doccia liberatoria; ora non restava altro che attendere la cena la quale non ha tardato ad arrivare ottima e copiosa. Qualche bicchiere in compagnia, qualche chiacchiera e poi via ... tutti a  letto.

La mattina seguente il gruppo era ancora più numeroso e, all’ora stabilita, le ruote delle bici hanno cominciato a muoversi tingendo di mille colori la tranquilla e silenziosa campagna circostante  e questa volta anziché incontrare un pentolone pieno di pasta scotta, ci siamo fermati nella spaziosa cucina di una casa colonica  dove non sono mancati assaggi tipici di ogni genere rigorosamente bagnati dal buon bianco di Pitigliano.

Vista l‘ora e il viaggio che avremo dovuto affrontare per il ritorno, ci siamo prontamente congedati dal “gruppone“ per raggiungere, dopo un ultimo sforzo, le nostre macchine.

Stavolta i saluti e gli arrivederci sono meno malinconici poiché la stagione è appena iniziata e le occasioni per muoversi e stare insieme non tarderanno a tornare.

Non resta altro che dire ........ arrivederci alla prossima....

 

da C&TL Anno 2 N. 4 - Settembre/Ottobre 1997

 

APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

La stagione ,nei giorni che avevano preceduto la partenza, non era stata molto rassicurante quindi anche il nostro entusiasmo si era inevitabilmente ridotto.

E’ anche vero però che il pensiero di partire ti restituisce immediatamente la carica necessaria ; infatti è stato sufficiente preparare i bagagli e sistemare le bici sulla macchina per ritrovare tutte quelle energie fisiche e mentali che ci  hanno sempre sostenuto ad ogni partenza.

Fortunatamente il viaggio non ha creato problemi anche se Lazise non è certo dietro l‘angolo e, dopo circa due ore di viaggio abbiamo cominciato ad intravedere in tutta la sua grandezza il Lago di Garda.

L ‘ albergo - Hotel Casa Mia - era ottimo e dopo aver scaricato le bici ed aver preso possesso delle camere abbiamo visitato lo splendido paese di Lazise carico di storia e di significati, situato lungo la Gardesana Orientale e proprio sulla riva del lago.

E’ un paesino molto particolare ed accogliente e ubicato in punto strategicamente molto adatto per ogni tipo di escursione.

Terminata la visita e consumata la cena, ci siamo ritirati nelle camere per dormire e prepararsi alle fatiche che ci avrebbero aspettato il giorno successivo.

La mattina non ha tardato ad arrivare e con lei  anche le nostre bici si sono cominciate a muovere; fortunatamente era una bella giornata primaverile, tiepida  e con un debole sole che stentava timidamente a  diventare padrone assoluto del suo cielo.

Pedalando lungo le rive del lago, dopo aver superato Bardolino - famoso per i suoi pregiatissimi vitigni - abbiamo raggiunto il paese di Garda e qui, cosa molto particolare, abbiamo dovuto passare, con non poca difficoltà, in mezzo ai banchi  del mercato dislocato e sparpagliato per varie centinaia di metri sulle rive del lago.

Abbandonata la riva, abbiamo proseguito lungo la Gardesana fino a Torri del Benaco, dove ci siamo imbarcati per attraversare il lago e in breve raggiungere la località di Maderno situata sulla riva opposta.

Il viaggio in traghetto è stato breve poiché questa era una linea direttissima e quindi non faceva ulteriori fermate.

Dopo qualche chilometro di statale, tra l’altro molto transitata, abbiamo finalmente raggiunto la Valtenesi, una zona formata da dolcissime colline che nel loro incontrarsi e fondersi, racchiudono affascinanti paesini, forse trascurati dal turismo di massa, però ricchi ancora di storia e tradizioni: Manerba sul Garda insieme a  S. Felice del Benaco e Padenghe sono sicuramente i centri più importanti.

Arrivati a Desenzano, altra particolare località del lago, e dopo tanti chilometri pedalati nelle gambe, il traghetto ci ha riportato a Lazise, molto stanchi ma estremamente soddisfatti.

Ora nei nostri pensieri c’era soltanto il desiderio di una interminabile doccia per liberasi di  tutte le fatiche della giornata.

“E ora voglio raccontarvi cosa vi abbiamo preparato per cena “ : era questa la frase magica con la quale il cameriere annunciava una ricca e succulenta cenetta, sicuramente meritata dopo la scorpacciata di chilometri fatta durante la giornata.

Il giorno seguente ci attendeva un itinerario con caratteristiche diverse da quello del giorno prima: avremmo dovuto salire, con la funivia da Malcesine, fino alle pendici del Monte Baldo a quota 1790, e da lì con un percorso di circa cinquanta chilometri quasi totalmente sterrato, raggiungere la località di Torbole  in Trentino.

La giornata non prometteva niente di buono : il timido sole del giorno prima si era completamente  nascosto  lasciandosi sopraffare da un compatto esercito di nuvoloni scuri.

E se ciò non bastasse, raggiunta la vetta, il termometro del rifugio segnava nove gradi; usciti all’aperto solo freddo e nebbia e meno male che, la prevenzione non è mai troppa, nello zaino avevamo degli indumenti invernali  altrimenti non ci saremmo sicuramente mossi dal rifugio.

“ La fortuna aiuta gli audaci “ e forse è proprio vero perché man mano che scendevamo la nebbia si diradava e davanti a noi si aprivano scenari incantevoli colmi di terra e di cielo difficilmente descrivibili. Il grande Lago sotto di noi sembrava una piccola pozzanghera di acqua: da lassù tutto era così piccolo e irraggiungibile. Col passare dei chilometri si riaffacciava, facendosi prepotentemente spazio tra le nuvole, anche il sole e con la sua luce esaltava e ravvivava i molteplici colori dei pascoli a noi sottostanti.

Dopo una sosta obbligata al rifugio Graziani, noto paradiso per i palati alla ricerca di vecchi sapori di una tradizione qui ancora presente,  vari chilometri anche piuttosto impegnativi e diverse ore di bicicletta, abbiamo raggiunto  Torbole, località  estremamente ambita dagli amanti del Surf poiché è  quasi sempre abitata dal vento.

E il vento, anche quel giorno, soffiava veramente forte e il lago era macchiato da centinaia di puntolini colorati che balzando e piroettando sulle onde  mostravano uno spettacolo veramente unico.

Non avevo mai visto tanti surf, avevano occupato tutta quella parte di lago.

Anche questa volta il traghetto è arrivato puntuale e in breve ci ha riportato a Malcesine proprio davanti alla funivia dove avevamo lasciato le macchine.

Il giorno del rientro pioveva a dirotto e il viaggio di ritorno lo abbiamo percorso quasi tutto sotto la pioggia, per fortuna a bagnarsi erano solo le biciclette sistemate sopra il tetto della macchina e Mauro, dall’alto della sua esperienza  di “ contabile “ , aveva definito il cielo sopra di noi PLUMBEO.

Dal nord al centro e al sud in sù e in giù per l’Italia, le ruote delle nostre bici sono sempre in movimento e ora solo a distanza di qualche mese, ci troviamo a PONTREMOLI, capoluogo della Lunigiana, una zona straordinariamente ricca di storia, cultura e di suggestivi spunti paesaggistici; è il territorio più a nord della regione Toscana e si insinua come una lunga “proboscide“ collinare e montuosa tra la Liguria e l‘Emilia Romagna.

La città è una piccola gemma di questo interessante territorio e le sue origini provengono da molto lontano: si trova nella valle del Magra, alla base dell’Appennino della Cisa sull‘antica strada Francesca o Romea.

Molti scrittori hanno nel tempo favoleggiato intorno al nome e alle origini di questa città.

Però nonostante le molte ipotesi, a volte anche infondate da un puto di vista storico, la cosa sicura è che non vi è niente  di documentato e che nessun indizio è stato rinvenuto circa l‘origine e il nome di Pontremoli  dove non è ancora stata trovata nessuna traccia di antichità, che richiami la città al dominio dei Liguri o, a quello che succedette , dei Romani.

La città ha conservato ancora una atmosfera molto particolare ricca di segnali che riportano la memoria del visitatore indietro nel tempo quando ancora le strette viuzze erano frequentate da turisti “pellegrini“ che con il loro grosso cappello e bastone si dirigevano lentamente verso luoghi sacri, carichi di fede e di aspettativa.

Trovare il parcheggio per le macchine non è stato molto difficile e dopo aver scaricato le mountain bike abbiamo iniziato subito a pedalare portandoci fuori del

centro abitato in direzione Arzengio. Ben presto la nostra euforia ha lasciato il posto al fiato grosso e alla fatica perché la salita si è subito fatta sentire e per i meno allenati sono cominciate le prime difficoltà.

Raggiunto il piccolo centro abitato di Arzengio abbiamo proseguito in direzione Ceretoli alternando tratti di facile sterrato a lunghi tratti di strada asfaltata fortunatamente pochissimo transitata.

Il fitto intrico degli alberi creava intense zone di ombra che ci rendevano il percorso meno esposto al sole.

I meno allenati erano sempre più in difficoltà ma con grande sollievo da parte di tutto il gruppo, dopo circa 30 km di salita, abbiamo raggiunto i prati di Logarghena, una zona aperta con vista a 360 gradi.

Finalmente era giunto il momento di concederci una breve sosta anche perché il posto era estremamente stimolante e la fame cominciava a farsi sentire.

Stando seduti su questi enormi pratoni il nostro sguardo spaziava libero senza ostacoli e i nostri occhi si riempivano di luce e di aria; i prati erano ricchi di erba colorata con varie tonalità di verde e qua e là erano sparse gigantesche mucche a mangiare e a riposare.

Questa pace e questa tranquillità non ci dava certamente la carica necessaria per ripartire e quando è arrivato il momento di rimontare sulle nostre bici, la cosa non fu accolta certo con grande entusiasmo anche se fortunatamente le nostre fatiche sarebbero presto terminate poiché solo pochi chilometri ci dividevano dal rifugio Mattei, ultima meta del nostro itinerario.

Il ritorno consisteva in una lunga e costante discesa che ci avrebbe riportato a Pontremoli dove, una volta raggiunta la bella piazza del paese, abbiamo affogato il nostro entusiasmo e la nostra stanchezza in un enorme boccale di birra freschissima, soddisfatti della giornata trascorsa in questi splendidi luoghi della nostra bella Toscana.

 

da C&TL Anno 2 N. 5 - Novembre/Dicembre 1997

 APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

Stamani è una gran bella giornata, pensavo, e tutto sembrava far presagire a una bellissima pedalata in mountain bike.

Alle 7.20 però non era ancora arrivato nessuno e pensare che alle 9.00 dovevamo incontrarci a S. Vincenzo con l’amico Luca.

Luca per coloro che non lo conoscessero è la nostra guida di fiducia, l’unico superesperto del litorale pisano-livornese, e il suo nome di battaglia è Luca-la-guida.

Noi come al solito avevamo stabilito la partenza da Pistoia alle 7.30 ma, probabilmente stamani, la sveglia non è suonata per nessuno e il nostro esercito di ciclisti ancora non appare all’orizzonte.

Però non si deve mai disperare, specialmente quando abbiamo a disposizione un gruppo di cicloescursionisti assetati di nuove esperienze e  chilometri da pedalare. E poi..., può succedere che una mattina la sveglia si dimentichi di suonare! Nessuno è perfetto.

Anche se dopo non poche difficoltà, alle 8.00 finalmente il gruppo era pronto per partire, sperando sempre che Luca-la-guida fosse rimasto ad aspettare, poiché era praticamente impossibile raggiungere S.Vincenzo entro le ore 9.00.

Mentre le macchine procedevano veloci per cercare      di recuperare il tempo perduto, io stavo cercando di immaginare tutti i cattivi pensieri che passavano per la testa al povero Luca-la-guida che era, sempre che non fosse andato via, lì da tempo sulla statale Aurelia fisso come un lampione ad aspettare. - Se è rimasto ad aspettare sarà sicuramente arrabbiatissimo. -

“Sono le 8,50 di una fiacca domenica di primo autunno, nei pressi dell’uscita della S.G.C. SS 1 Aurelia.

-Bene!- Pensò la Guida Escursionistica Ambientale istruttore di MTB per il turismo  Luca-la-guida - tra poco giungeranno i miei carissimi amici clienti; ci aspetta una deliziosa giornata... -Ma il tempo passava ed il gruppo non arrivava.

Ore 9,25 il sole è ormai alto; la bicicletta, dopo molti giorni di attesa freme nell’auto, di mordere il sentiero. E mentre guardo sfilare un folto gruppo di ciclisti ecco spuntare dalla curva dello svincolo orgogliose ed audaci nel vento di una fresca domenica di primo autunno, due, cinque, dieci... bici.- Eccoli! Sono arrivati!- Ma non sono tutti: il Capitano Sardi della C.A.R.I.P.T. INTERPRISE  viaggiando a velocità Worp II ha segnalato forme di vita non classificate sulla sua rotta interstellare! Erano i suoi colleghi clamorosamente superati in una non precisata coordinata di questa regione spaziale.

Ma l’audacia di questi ultimi faceva si che riuscissero lo stesso a trovare il luogo di incontro e, dopo aver controllato un guasto ad un mezzo causato da uno sciame di meteoriti, ci siamo spostati nel luogo da dove avrebbe dovuto iniziare  la gita.

Come leggendari cavalieri di saghe medioevali, i nostri cavalieri dalle scintillanti foggie assettavano i loro fidati destrieri. - Ma....... che accadde? Un sortilegio? Un malefizio? - In un angolo del campo un cavaliere piange come un Ulisse che teme di non vedere più la sua Penelope.  -   Che ti accadde, o prode... ? - Disse Luca-la-guida; ed egli rispose: - nel buio dell’alba di una fresca domenica di primo autunno, mentre mi apprestavo a partire ho scordato, me tapino, la ruota anteriore del mio destriero.

Oh sventura! - Disse allora Luca-la-guida. Ma come illuminato da chissà quale divinità ricordò di un bicinoleggio in quel di S.Vincenzo e lo smarrimento svanì come nebbia al sole.

La mattina trascorse felicemente, Luca-la-guida era scortato da due baldi giovani di nome Luca e Lorenzo attenti estimatori di ciò che egli riferiva sul percorso: la Duna, la Retroduna, la Lecceta la vegetazione Pioniera... sembrava di essere in chissà quale esotica regione, in realtà stavamo attraversando il Parco naturale di Rimigliano.

Come un attrazione da luna-park seguivamo quei sali scendi che davano quel che di impresa atletica alla gita; stavamo percorrendo infatti le antiche fasce dunali ormai consolidate e colonizzate dalla vegetazione di macchia mediterranea.

Il percorso ci ha condotti sino alle spalle della punta Nord del golfo di Baratti per poi risalire sino a raggiungere nuovamente le auto. Riposte le biciclette la carovana si è diretta alla volta del Parco archeologico minerario di S.Silvestro appartenente, come quello di Rimigliano, al complesso dei parchi della Val di Cornia.

Giunti nei pressi del centro visite scopriamo che morfeo stamani aveva mietuto un altro vittima; la signora aveva lasciato  il pranzo a casa! Per fortuna non siamo partiti per il Grand Tour in Australia altrimenti.....

     Nel frattempo saliva la tensione tra i partecipanti per le sorti del cavallino rampante (la rossa); nuove amicizie nascevano, e vecchie si rompevano! Intorno alle 14,08 venivamo chiamati per il trasferimento alla Rocca di S.Silvestro utilizzando il mitico “trenino”.

Ma..... stupore! Nonostante i molteplici contatti con la segreteria mancavano i posti da noi prenotati; è bastato però solo qualche attimo di febbrili consultazioni con il capo-treno, la segreteria e Luca-la-guida, ed ecco che lentamente uno lì due là eravamo tutti imbarcati.

   Alla mancanza di filodiffusione che solitamente accompagna con musiche da camera, hanno egregiamente risolto un quartetto di fanciulli provenienti da una tournee (dallo zecchino d’oro a bravo bravissimo). Particolare estimatore è stato Guido il “Sardi” che inebriato da quelle dolci voci, elevava fischi di gioia che, uditi anche alle più grandi distanze, venivano scambiati per avvisatori acustici di allarme tanto da interrompere il viaggio del treno.

   Per fortuna di tutti gli occupanti della carrozza, il tragitto fu breve, come breve risultò arrivare al villaggio minerario.  Accompagnati da una esperta guida del parco abbiamo visitato il borgo e come nelle migliori pellicole del mitico ragioniere, grazie alla telefonia cellulare giungevano notizie della gesta dei piloti Ferrari in tempo reale.

      La giornata volgeva al termine, le ombre si distendevano, ed al nostro gruppo non rimaneva che l’ultima prova, per alcuni la più dura. Come in un testo di scolastica memoria una guida ci ha condotto nelle viscere della terra; il nostro aspetto era tutt’altro che prosaico, pareva di assistere all’inizio del turno 17.30-01.30 delle ben note miniere di Glasgow!“

E fortunatamente tutti ne siamo usciti indenni e felici di aver trascorso una gran bella giornata....................... nonostante tutto.

    Questo è quanto la nostra memoria è stata in grado recuperare.

 Ci risentiamo alla prossima.

 

da C&TL Anno 3 N. 2 - Maggio/Giugno 1998 

APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

Domenica 5 Aprile 1998

 Puntualmente..., o quasi, ci siamo ritrovati nel luogo precedentemente stabilito e dopo aver aspettato gli ultimi ritardatari abbiamo iniziato a muoverci.

Il tempo certamente, come era già successo altre volte, non metteva certo di buon umore perché minacciava di piovere e stavamo veramente rischiando di bagnarci come pesci.

Pescia e tutta la piana della Valdinievole si mostrava oppressa da una cappa di pesanti nubi grigie quasi a volerla schiacciare.

E’ sicuramente a causa di questa stagione imprevedibile e inaffidabile che molti hanno deciso di restarsene riparati al tepore sotto le morbide coperte; comunque eravamo lo stesso abbastanza numerosi e nonostante tutto decisi ad andare avanti.

Come sempre, quando si ricomincia è necessario un po’ di tempo per rompere il ghiaccio sia da un punto di vista fisico atletico che di relazioni anche perché è proprio grazie a queste occasioni di incontro che si riprendono e si intensificano; ma sono bastati solo pochi minuti per ricominciare da dove ci eravamo lasciati l’ultima volta.

A parte una prima difficoltà iniziale, tra l’altro superata brillantemente, la gita procedeva tranquillamente lungo l’argine sinistro del torrente Pescia condita da sostenute conversazioni, allegria e buonumore. Sembrava quasi di essere lontani mille miglia dai vari centri abitati e invece, non molto lontano da noi, decine e decine di macchine si rincorrevano e si superavano come impegnate in una immaginaria corsa senza premi

Infatti il torrente attraversa tutta la città e scivola via stancamente incastonato tra centri abitati e campi coltivati incontro al Padule di Fucecchio e il suo letto, specialmente nell’area pesciatina, è talmente grande che quando è in piena deve fare sicuramente paura agli abitanti dei paesi limitrofi. La vegetazione è molto rigogliosa e accogliente e le piante, poste in modo disordinato ai lati del torrente, offrono rifugio sicuro ad animali selvatici e a numerose specie di uccelli nidificanti.

Questo corso d’acqua nasce dal ponte di Sorana ed è il principale affluente del Padule di Fucecchio che lo raggiunge dopo un percorso di circa 30km.

E intanto tra una chiacchiera e una risata l’argine del Pescia si consumava davanti a noi come un lungo tappeto verde di circa 12km.

Lasciato l’argine in località Ponte Buggianese ci siamo addentrati nel Padule e man mano che si avanzava sembrava essere inghiottiti da un intricato labirinto di canali di tanto in tanto collegati tra loro da antichi ponti in muratura o da improvvisate passarelle rese molto pericolose dalla mancanza di sostegni laterali.

Questa grande area palustre che si estende tra le province di Firenze e Pistoia e situata nella parte centrale e meridionale della Valdinievole, sarebbe stata prodotta in seguito al graduale sollevamento del letto dell’Arno, favorendo il ristagno delle acque dell’intero bacino, che avrebbe trovato nella valle una sorta di recipiente naturale. Già dal X secolo si hanno notizie e memorie del generale impaludamento della pianura e da allora il Padule è sempre stato costante oggetto di interventi di vario genere e programmi di bonifica.

Ma nonostante gli sforzi effettuati attraverso i secoli, sembra sia stato anche origine delle dodici grandi epidemie scoppiate nella Valdinievole dal 1550 al 1756.

Ora  qui,  dopo oltre dieci secoli di storia trascorsi, solo  il silenzio e la pace abitano questi grandi spazi e in particolari stagioni e momenti del giorno, sembra essere in un luogo incantato quasi fuori dal tempo. Gli animali di varie specie vi trovano un valido rifugio e specialmente per gli uccelli migratori questa area è davvero uno “ scalo internazionale ” e le loro partenze e arrivi scandiscono da sempre il succedersi delle stagioni.

Due splendidi aironi cenerini sembravano volessero prendersi gioco di noi; erano fermi e immobili sulla riva del canale quasi ci invitassero a farsi carezzare: ma appena ci sentivano troppo vicini aprivano le loro grandi ali e si alzavano in volo radente per fermarsi nuovamente qualche centinaia di metri più avanti. E questo, per varie volte fino a che li abbiamo persi di vista.

Le piccole barchette nere mezze distrutte e semi affondate si specchiavano nell’acqua immobile e riposavano lungo le rive dei canali o nei porticcioli lasciate lì in memoria di una attività passata che si perde ormai nel tempo.

Superato il piccolo borgo di Anchione e raggiunto Crocialoni, abbiamo sostato e pranzato seduti intorno ad uno splendido laghetto di pesca sportiva. Qualche panino ripieno di tanta “ allegria “, e poi via! Di nuovo in sella alle nostre bici anche perché il tempo, che fino ad allora era stato benevolo con noi, sembrava essersi distratto e gli addensamenti nuvolosi che coprivano il cielo sopra di noi, ci invitavano a raggiungere celermente il luogo da dove eravamo partiti.

Sembrava che le ruote avessero messo le ali e, raggiunta la statale che porta alla città di Pescia, abbiamo percorso gli ultimi dieci chilometri come se stessimo correndo una corsa a cronometro: nonostante però lo sforzo atletico la pioggia non ha tardato ad arrivare accompagnandoci dolcemente durante gli ultimi tre chilometri. Fortunatamente ha aumentato la sua intensità solo dopo che avevamo riposto le bici ed avevamo preso posto nelle macchine.

Si era così conclusa, sotto una pioggia ora incessante, la nostra prima uscita stagionale e direi con soddisfazione generale.

......Ah! Quasi mi dimenticavo!

Un bravo - bravissimo a Luca , figlio di Peppe; il nostro piccolo “ atleta “ che, con i suoi appena dodici anni, ha pedalato per quasi quaranta chilometri con entusiasmo ed attenzione.

Credo sia proprio il caso di dire: “ se il buon dì si vede dal mattino.............”

 

da C&TL Anno 3 N. 3 - Ottobre/Novembre 1998 

APPUNTI DI VIAGGIO di Guido Sardi

 e le mucche stanno a guardare

 

Mercoledì 3 giugno 1998 - parcheggio di S.Agostino Pistoia ore 9.00

 

Finalmente dopo tanta attesa arrivò il sospirato giorno delle partenza.

Tutto era pronto: i pulmini supercarichi di bagagli, bici super revisionate e ovviamente noi, pieni di attesa e carichi di entusiasmo.

Stavamo per partire alla volta del parco regionale del Jura: una zona molto interessante a pochi passi dall’Italia, nel cuore dei più bei massicci delle Alpi, lungo quella che fu per secoli la via del sale verso i paesi dell’ Est.

L’itinerario che avevamo progettato si svolgeva all’interno della catena dell’alto Jura e delle alpi franco/svizzere offrendo splendidi panorami tra una natura particolarmente curata fatta di grandi pascoli, alpeggi, foreste di faggi, querce, pini ed abete rosso.

Anche i villaggi sono ricchi di storia e di tradizioni: dalla abilissima lavorazione dei formaggi, alla fabbricazione dei giocattoli di legno esportati in tutto il mondo, alla pregiatissima produzione di pipe.   

Almeno sulla carta vi erano tutti gli ingredienti per trascorrere splendide giornate di mountain bike,  liberi da stress e a contatto con la natura.

Le previsioni del tempo, nei giorni precedenti la partenza, non erano state molto rassicuranti ma comunque eravamo sicuri che niente e nessuno ci avrebbe fermato. E come un piccolo esercito di guerrieri,  armati  di   tanta pazienza, iniziammo il nostro viaggio.

L’autostrada veniva comunque inghiottita velocemente ....... o quasi e tutto procedeva tranquillamente fino a quando improvvisamente le frecce di emergenza delle macchine davanti a noi, iniziarono a lampeggiare. Fu da quel preciso momento che iniziò la nostra piccola odissea.

A causa di un incidente che aveva interessato entrambi i sensi di marcia dell’autostrada A12, fecero uscire all’uscita di Chiavari coloro che andavano verso Genova e all’uscita di Rapallo quelli che procedevano in direzione La Spezia. Ebbene sì ! A qualcuno era venuta la “ scellerata “ idea di far defluire il traffico sulla strada normale. Idea “ scellerata “ perché provate un po’ ad immaginare la situazione di caos causata da macchine e giganteschi TIR che si incrociano sulla stretta statale costiera. Ma, come dice il saggio, non tutto il male viene per nuocere (si fa per dire !) poiché proprio grazie a questo inconveniente potemmo apprezzare in ogni suo aspetto la “ straordinaria ” bellezza del paese di Zoagli. ( Consigliamo vivamente una visita ) Chi di noi non aveva ancora avuto la fortuna di visitarlo si è imposto di ritornarci una seconda volta ( si fa per dire), magari con più tempo a disposizione.

E dopo quasi tre lunghe comode ore di coda, a Rapallo, riuscimmo nuovamente a guadagnare l’autostrada.

Stremati per il caldo e per la stanchezza fisico/mentale, ( i pulmini anche se comodi non erano proprio il massimo del confort, erano sprovvisti di aria condizionata e il caldo era diventato insopportabile ) riprendemmo il nostro viaggio senza più grossi inconvenienti e dopo diverse ore di autostrada raggiungemmo in tarda serata il paese di Lamoura.

Data l’ora tarda il piccolo paese ci sembrò disabitato: fortunatamente arrivammo velocemente al nostro albergo e, dopo la massacrante giornata di viaggio, la sola cosa che bramavamo era un buon pasto ed un letto per dormire.

 

Giovedì 4 giugno 1998 ore 9.00- piazzale antistante Hotel La Spatule

 

La mattina non tardò ad arrivare e la giornata si preannunciava intensa ed estremamente interessante, grazie anche allo splendido sole che brillava già alto nel cielo e così dopo una abbondante colazione, iniziammo la pedalata attraverso il suggestivo altopiano del JURA.

Le cartine erano molto dettagliate e la segnaletica situata lungo il percorso, sempre precisa e puntuale, limitava al minimo la possibilità di sbagliare strada, e poi la nostra guida era quasi insuperabile.

Dopo chilometri e chilometri di silenziosi panorami  e decine e decine di mucche incontrate,  ci ritrovammo in un luogo di straordinaria bellezza chiamato HAUT CRET  e davanti a noi si materializzò, come una gigantesca cartolina, una immensa distesa di prati  colorata da tante tonalità di verde e tantissime splendide mucche sparpagliate qua e là come tanti coriandoli caduti dal cielo. L’itinerario stava quasi per volgere al termine e solo un ’ ultima lunga discesa di circa 12km ci separava dal paese di ST. CLAUDE, luogo di arrivo della prima tappa. A quel punto già cominciavamo a porci le classiche domande sulla qualità dell’albergo e sulla bontà della cena, anche perché la fame e la fatica cominciavano a farsi sentire.

Avevamo percorso parecchi chilometri e ognuno di noi desiderava soltanto una lunga doccia rigenerante e ovviamente una cena possibilmente abbondante.

Raggiunto ST. CLAUDE e ripensando alla strada percorsa durante la giornata, ci rendemmo conto che in tutto il percorso avevamo incontrato soltanto tre macchine.

Fortunatamente l’albergo e la cena erano ottimi e il giorno successivo arrivò molto presto per accompagnarci ancora in un’altra appassionante tappa del nostro itinerario.

 

Venerdì 5 Giugno 1998 ore 9.00

 

Lasciato L’Hotel Au Retour de La Chasse ci allontanammo dal  bel paese di ST. CLAUDE e in breve raggiungemmo LA ROCHE BLANCHE un posto stupendamente panoramico con una visuale quasi a 360 gradi sull’altopiano del JURA. Qualche foto scattata in qua e là e carichi di entusiasmo, iniziammo il percorso tra piccoli paesi, immense distese di verde e tantissime mucche al pascolo che nemmeno l’allegro chiasso del nostro passare riusciva a catturare la loro attenzione.

Chilometro  dopo chilometro, giungemmo al paese di LES-ROUSSES e anche il secondo giorno di bici terminò senza grossi problemi tranne che per la mancanza quasi totale di acqua lungo tutto il percorso. L’albergo era accogliente e il menù per la cena si mostrava sicuramente interessante. Anche il piccolo paese era molto caratteristico.

Sabato 6 Giugno 1998 piazzale antistante Hotel Relais des Gentianes ore 9.00

 

Il mattino del quarto giorno trovammo ad attenderci davanti alla porta dell’albergo la potentissima guida francese Berthrand che ‘ fortunatamente ‘ parlava tutte le lingue ...... tranne l’italiano; era un ragazzo molto semplice, competente e preparatissimo che, nonostante la non perfetta comunicazione, riuscì ad instaurare un ottimo rapporto con tutti noi. 

Fu una giornata bellissima e di estremo relax, senza l’ansia di dover consultare frequentemente carte geografiche o la paura di aver sbagliato strada.

Con Berthrand alla testa del gruppo attraversammo la frontiera franco/svizzera e ci ritrovammo a pedalare in terra svizzera: circa 50 km di territorio diverso e vario ci condussero fino alla città di NYON, sulle rive del lago di GINEVRA, dove facemmo sosta per il pranzo. E anche se il sole era coperto dalle nuvole, i più temerari  non persero l’occasione di fare un bagno rinfrescante nel lago.

Il rientro in Francia lo effettuammo con un particolarissimo trenino a due vagoni che in poco tempo, inerpicandosi tra colline e foreste di faggi, ci riportò  a LA CURE  località da dove eravamo partiti.

L’albergo che ci avrebbe accolto per l’ultima notte aveva una curiosa particolarità: era situato in mezzo a due frontiere e aveva due porte di ingresso: potevi entrare dalla Francia e uscire dalla Svizzera, o viceversa, eludendo una delle due frontiere.

Per dovere di cronaca, la cena venne consumata in un salone posto in territorio svizzero.

E questa purtroppo era anche l’ultima tappa, poiché nel giorno successivo ci avrebbe aspettato il lungo viaggio di rientro in Italia, che, a causa del tempo che stava volgendo  al  brutto, non si preannunciava certo molto tranquillo.

 

Domenica 7 giugno 1998 ore 8.30 piazzale Hotel Franco-Suisse ARBEZ

 

Infatti come previsto il tempo non fu molto clemente con noi poichè la pioggia incessante ci accompagnò per un lunghissimo tratto. Al traforo del Monte Bianco, solo il calendario ci ricordò che non era inverno, e soltanto con l’avvicinarsi al mare qualche timido raggio di sole cominciò a fare capolino. Il tempo rispecchiava a pieno il nostro stato d’animo.

Pochissima conversazione e molta tristezza caratterizzò il viaggio di rientro e solo in prossimità del paese di Zoagli,  fu unanime la decisione di non fermarsi.