Raccolta articoli C&TL

                                    

 

 I                                                                     l mondo dei giovani

 

 

 

 

da C&TL -Anno 1 N. 3 Settembre/Ottobre 1996

 

ESSERE SCOUT OGGI  di Valentina Pacini

 A chi non è mai capitato, incontrandoli per strada con quegli enormi zaini, di esclamare divertito: “TOH, GUARDA I BOYSCOUT !!”

Abituati come siamo a vederli ritratti nelle vignette intenti a far attraversare la strada a vecchiette in difficoltà o utilizzati negli spot pubblicitari per reclamizzare i prodotti più disparati, difficilmente si è portati a pensare che dietro queste immagini pittoresche ci sia un serio metodo educativo volto a rendere i ragazzi protagonisti della propria vita.

“GUIDA LA TUA CANOA”, così dice un motto caro agli scouts e chi si intende un po' di nautica sa che la canoa, proprio come la vita, deve essere governata con attenzione e determinazione se non si vuole che la corrente prenda il sopravvento e ci trascini via.

Questo si propone lo scoutismo: rendere i ragazzi autonomi nelle scelte, e perché no, anche nelle cose pratiche aiutandoli a scoprire valori come l’essenzialità, la condivisione, la solidarietà attraverso attività concrete.

L’imparare facendo e l’osservazione - deduzione sono infatti aspetti peculiari della metodologia scout che riconosce nel “VEDERE - GIUDICARE - AGIRE” tre tappe fondamentali per la crescita di ogni ragazzo.

VEDERE  perché solo l’esperienza, l’attenzione e la fatica di non dare niente per scontato permettono di allargare i propri orizzonti e di accrescere il proprio sapere.

GIUDICARE perché niente è univoco ed ogni esperienza deve essere compresa, confrontata, interiorizzata se non si vuole lasciare agli altri il compito di scegliere per noi.

AGIRE perché essere scout significa anche farsi carico della società tutta ed adoperarsi per lasciare il mondo un po' migliore di come lo si è trovato.

Ecco allora che il gioco, l’avventura, il servizio diventano gli strumenti indispensabili per imparare il rispetto, la corresponsabilità, il coraggio, l’amore per i fratelli.

Ecco che i fazzolettoni, i distintivi, le cerimonie acquistano un significato profondo al di là dell’apparenza perché niente nello scoutismo è fine a se stesso ma, soprattutto, ecco che la PROMESSA   e la LEGGE diventano un modello positivo di riferimento dove il dare conta più del ricevere e l’essere dell’avere.

Si può scegliere di entrare in un gruppo scout per tanti motivi diversi ma ciò che conta è avere la consapevolezza di cominciare così un cammino di crescita all’incontro con se stessi, con gli altri e con Dio.

 

E se questo cammino contribuirà a formare ragazzi e ragazze capaci di testimoniare i valori evangelici, pronti ad accogliere la dimensione del servizio quale stile di vita, impegnati attivamente nella società civile, allora lo scoutismo avrà raggiunto il suo scopo principale e quei giovani potranno dirsi uomini e donne della PARTENZA !!

... Accipicchia ! ...

Chi avrebbe mai pensato che dietro quei buffi personaggi in pantaloncini corti ci fossero tanti contenuti e soprattutto chi avrebbe mai detto che i capi scout, quelli generalmente conosciuti come i Gran Mogol delle Giovani Marmotte - per non dire peggio - fossero invece adulti che hanno scelto di dedicare il loro tempo e le loro energie all’educazione dei giovani?

Si, credo sia importante spendere due parole per cercare di capire chi sono queste persone che, nonostante l’età, lo studio, il lavoro, la famiglia hanno deciso di continuare a vivere il grande gioco dello scoutismo.

Essere capo vuol dire in primo luogo credere che educare sia un modo concreto per cambiare le sorti del mondo; vuol dire fare un servizio gratuito con umiltà e coerenza perché l’essere guida per gli altri comporta una grande responsabilità e tanta fatica; significa impegnarsi per essere veri cristiani, buoni cittadini, scout competenti ma soprattutto significa voler bene ai ragazzi ed essere pronti a sorreggerli in caso di bisogno ma capaci, al tempo stesso, di lasciarli liberi di fare, di sbagliare, di diventare grandi.

Buona strada !!

 

da C&TL -Anno 1 N. 4 Novembre/Dicembre 1996

 

LA TECHNO GENERATION  di Pietro Privitera

La storia ci evidenzia che l’evoluzione della vita sulla terra non ha limiti: il mondo di oggi ha subito tante e varie trasformazioni che si sono riflesse nei costumi della società.

Ma va da sé che il mondo dei giovani è sempre stato il primo ad infondere le novità se non addirittura a trasformare il tessuto sociale futuro.

Oggi assistiamo ad un mondo giovanile particolarmente incline a una tendenza riformista in vari settori, dalla scuola alla moda, dalla cultura al divertimento, che può far riflettere sul loro stato d’animo e sul loro pensiero. Tra i luoghi preferiti e più frequentati dai ragazzi di oggi ci sono senza dubbio le discoteche che, dopo anni di declino, di questi tempi stanno vivendo momenti d’oro.

Secondo un rapporto IARD del 1995 risulta che quasi il 50% dei ragazzi frequenta le discoteche almeno una volta ogni 15 giorni: u vero e proprio fenomeno di massa di cui i 18-20enni ne sono i più attivi.

L’abbigliamento è la prima cosa che salta evidente: magliette aderenti di tessuto lucido finto anni ‘50, t-shirt corte per lasciar fuori l’ombelico, minigonne ascellari, stivaloni o finte superga con zeppa. Di rigore il brillantino, o all’orecchio, a al naso, o all’ombelico se non in tutti e tre i posti insieme. Ma quello che forse più stupisce è la pettinatura: il colore dei capelli può variare dal rosso al verde, dal blu al violetto, accuratamente ingelatinati o con ciuffi avvolti nella carta stagnola. E’ proprio sulla pista da ballo che si riconosce la “techno-generation”.: ragazzi instancabili che si muovono e si dimenano al ritmo assordante delle 150-180 Bpm (battute per minuto) guidati dal cubista, dal quel ragazzo o ragazza posto su un cubo vicino alla pista di cui ne copiano i movimenti e ne ambiscono il posto.

Il successo delle discoteche è sempre nella musica, quella musica ossessiva e martellante dentro cui i ragazzi si immergono per formare tutti insieme “un intero musicale”, senza più problemi di scuola o di cuore, senza più i genitori che ti rompono. Ciascuno la sente un po' sua, perché i grandi non la comprendono, perché dà un grande senso di libertà, perché ritrovi te stesso.

A qualcuno risulterà difficile dire se i ragazzi di oggi sono proprio così, ma è certo che a quell’età i ragazzi non sono particolarmente vicini ai genitori, a volte c’è quasi un’estraneità vissuta in mondo ermetico.

Sta di fatto che gli adolescenti di oggi non hanno certezze: già vedono quante difficoltà ci sono per inserirsi nel mondo del lavoro, che la scuola non è all’altezza per dare una preparazione più professionale, che i genitori, più permissivi rispetto a quelli di una volta, non hanno tempo da dedicargli per stare un po' con loro. In molti casi tutto questo colpisce psicologicamente fino a dare un senso di smarrimento. E allora come risposta per isolarsi dalla realtà e per ritrovarsi in un mondo fatto tutto di ragazzi ecco che si affaccia la discoteca come ancora di salvezza, dove scaricarsi di dosso tutte le incomprensioni e le insicurezze, dove non sentire quelle sensazioni di vuoto e di inutilità, dove scoprire che non si è soli. E’ così che nasce nei ragazzi, inconsapevolmente o no, il desiderio di essere contro, di voler far parte di un antisistema, di avere la forza di rimanere lì dentro più a lungo, ignorando tutto il resto.

Con questo stato d’animo va da sé che le difese psicologiche si possono indebolire, lasciando spazio a quello che un tempo era il serpente e che oggi in discoteca si chiama “ECSTASY”. Mai nome è stato più azzeccato per una droga. Ecstasy deriva dal greco “ekstasis” che significa “allontanarsi”, “uscire da sé”. E’ una droga sintetica, fatta in laboratorio, ottenuta da un miscuglio variabile di composti. Appartiene alla famiglia “entactogena” (=che tocca dentro) e che determina nell’organismo un rilascio di serotonina, sostanza che agisce su determinati neuroni nella testa, dando una sensazione di instancabilità. E’ in pasticche, può essere di vari colori, ha un effetto di 6-8 ore e agisce subito. Oggi è senza dubbio la droga più diffusa in Europa, e i maggiori produttori sono l’Olanda e la Germania. Il suo costo è per di più determinato dai luoghi e dalle richieste e si aggira dalle 40 alle 80 mila lire. Dalla sua comparsa in Italia attorno al 1993 si è diffusa a macchia d’olio anche grazie ad una pubblicità nascosta falsa e tendenziosa che non considera gli effetti negativi, soprattutto psicologici, ma anche fisici che si possono determinare anche in modo permanente: come l’insonnia, le alterazioni dell’umore e, addirittura, la perdita della memoria.

La sua comparsa non è nuova; già a cavallo degli anni ‘70 era utilizzata, sotto altro nome, anche dalle Forze Armate U.S.A. nella guerra del Vietnam per aiutare i soldati a non crollare psicologicamente, grazie alla sua proprietà di non dare assuefazione. Ed è proprio questo vantaggio che ne ha determinato il successo. E’ con questa pillola che si può affrontare una nottata all’insegna dell’euforia e del divertimento. Chi l’ha provata ne è entusiasta, ne parla agli amici in termini meravigliosi, racconta di come il divertimento passa “a tempo pieno”  senza pause e senza fasi di stanchezza e di tristezza. E’ con lei che guidare l’auto nella notte diventa una sfida alla società, che ci si sente più forti e più bravi, che non si pensa ai nostri limiti o a quelli del mezzo che si guida. E’ con lei che ci si costruisce un’identità.

Come per altre cose, si inizia un po' per gioco, un po' per non perdere terreno nel gruppo, un po' perché è di moda, ma soprattutto per vincere il rifiuto così forte di sé, del proprio corpo, della propria quotidianità, della propria difficoltà a vivere rapporti soddisfacenti.

E’ con questa pillola miracolosa che i ragazzi delle discoteche si definiscono la “techno generation”, senza sapere che non è così che si può vincere la battaglia con la propria vita.

Sicuramente l’Ecstasy viene paragonata ad una caramella che si può prendere tutte le volte che se ne ha voglia per la sua proprietà di non dare assuefazione, ma nessuno parla degli effetti negativi che tale droga (perchè di questo si tratta, non ce lo dimentichiamo!) lascia nell’organismo e nella psiche.

Ne sanno qualcosa quei ragazzi che, a distanza di poco tempo dalle loro prime assunzioni, soffrono di già di sbalzi di umore e di vuoti di memoria, di mancanza di concentrazione e d’insonnia, e che sono diventati sempre più fragili e passivi di fronte ai problemi e agli esami della vita quotidiana.

Ne sanno qualcosa quei ragazzi americani degli anni ‘70 che con il passare degli anni hanno visto peggiorare la loro situazione fino ad entrare in uno stato ‘vegetativo’.

Per fortuna non tutti i ragazzi di oggi si fanno influenzare da questa tendenza e reagiscono con i loro no all’Ecstasy, guidati dalla razionalità di chi crede in se stesso, di chi vede il proprio futuro da vivere con le proprie forze, con la propria volontà e soprattutto con l’amore verso se stessi e verso gli altri.

Per maggiori informazioni su lato oscuro di tale fenomeno cito un libro uscito in questi giorni ed edito dalla casa editrice Theoria “La tribù dell’Ecstasy” di Maria Novella De Luca.

 

da C&TL Anno 2 N. 2 - Marzo/Aprile 1997

 CHE BOMBA QUELLO SCOOTER!! di Pietro Privitera

 C'era una volta, tanto tempo fa, un signore che per andare a lavorare usava la bicicletta. Un giorno, mentre faticava su per la salita che portava a casa sua fu sorpassato da un’automobile. Gli si illuminò il cervello: arrivato a casa si impegnò per sostituire i pedali con un motore. Aveva inventato la motocicletta. Circa 50 anni dopo, negli stabilimenti Piaggio di Pontedera nasceva un’altra idea destinata a trasformare il modo di intendere la moto: nasceva la ”Vespa”, il primo vero ed indiscusso scooter della storia.

La nuova nata si fece subito largo nell’Italia postbellica come mezzo pratico ed economico, meno costoso dell’automobile ma altrettanto valido per le esigenze di tutti. Così nacque il boom della “Vespa”, un fenomeno che durante gli anni ‘50 e ‘60 ebbe il suo momento d’oro, e che ben presto diventò un mito in tutto il mondo.

Chi non ricorda almeno un cartellone pubblicitario di questo scooter? Le più belle attrici e modelle di tutti i tempi hanno posato con lei: dalle sorelle Kessler a Caterine Spaak, da Ursula Andress a Raquel Welch. Chi non ricorda la simpatia che la “Vespa” suscitò in tutto il mondo per la sua apparizione nel fil “Vacanze Romane” del 1953 con Audrey Hepburn e Gregory Peck diretto dal regista William Wyler? Chi non ricorda almeno uno dei tanti slogan che hanno accompagnato la “Vespa” nelle pubblicità televisive (“Chi Vespa mangia le mele” del 1969 oppure “Vespa muove la voglia di fare” del 1978)?

Altri modelli di motorini affiancarono questo scooter già dagli anni ‘70: dal “Ciao” al “SI”, dal “Boxer” al “Bravo”, tutti con ciclistica classica, che però non hanno mai surclassato il mito dello scooter. Ci sono riusciti però altri tipi di moto perchè migliaia di giovani sono stati influenzati da nuove tendenze: dai motorini da cross all’enduro, dalla moto da strada al custom.

Molti di loro, dopo aver compiuto diciotto anni, rimanevano fedeli alle due ruote e facevano il salto passando dal cinquantino ad una cilindrata superiore, cosa che è avvenuta regolarmente durante gli anni ‘80. Per le strade si incontravano un’infinità di modelli e di cilindrate di moto che hanno la fortuna soprattutto delle case costruttrici giapponesi.

A questo punto ecco che il Governo decise di metterci lo zampino introducendo una vasta serie di tasse e sovrattasse che hanno praticamente bloccato il mercato delle moto, dalle spese per le volture e dalla sovrattassa di proprietà alla parificazione dei pedaggi autostradali.

Dal 1992 come per incanto il mercato dei cinquantini è risorto con un improvviso boom degli scooter, attuali pronipoti della mitica “Vespa”.

Da recenti studi fatti dal Censis e dal GpF (di Gianpaolo Fabris) si rileva che la moto almeno di 600 cc. rimane il sogno dei più ma che è destinato a rimanere tale proprio a causa dei costi elevati. Allora meglio uno scooter, un mezzo non troppo costoso, pieno di mille qualità che inquina meno, è maneggevole, è scattante, e che con il parabrezza è anche protettivo.

In famiglia lo possono guidare tutti (da 14 anni in su) e tecnicamente non ha niente da invidiare alle maximoto: dal freno a disco anteriore autoventilante, alla messa in moto elettrica, dal miscelatore automatico all’accensione elettronica, dal tachimetro all’orologio.

In Italia, nel 1993, ne sono stati venduti ben 300 mila, quota che ha raggiunto le 350 mila unità nel 1994, che ha toccato le 470 mila unità nel 1995 e sfondato le 500 mila nel 1996. Nonostante queste cifre la schiera degli indecisi rimane sempre vasta. Dallo studio emerge che i tre più grossi problemi bloccanti sono di natura economica (non si vuole spendere!) di natura sociale (troppi furti) e di natura amministrativa (i comuni non danno agevolazioni per la loro circolazione delle Z.T.L.). Però rimane positivo il pensiero di questa parte (il 58%) sulle potenzialità dello scooter come valido mezzo di trasporto cittadino alternativo.

Basta guardarsi attorno per vedere che oggi in scooter ci vanno tutti, dai ragazzi ai loro padri e alle loro madri, siano essi impiegati o dirigenti. Più o meno tutti lo usano forse per passione.

Oggi lo si usa per superare agevolmente sia i problemi dei traffico che attanagliano tutte le città italiane (il 47%), sia di parcheggio (11,1%) e sia il fascino della libertà che a tutte le età si prova nel guidarlo (27%).

Oggi il boom dello scooter è rinato come fenomeno di costume ed ha contagiato la società grazie anche a tutte le qualità tecnologiche, di cui si parlava prima, che questo mezzo mette a disposizione. Ciò spiega come mai qualsiasi ciclomotore di concezione più vecchia, con cui si possono ottenere gli stessi risultati per superare i problemi su esposti, sia stato mandato in pensione.

Il successo dello scooter quindi nasce da quell’offerta innovativa e stimolante che il mercato è riuscita a dare prontamente dopo un lungo periodo di crisi a cui si somma il cambiamento socio-culturale del vivere e del muoversi oggi.

Al traffico caotico, alla mancanza di parcheggi , alla deficienza di mezzi pubblici, sopravvale in ultima analisi la sempre più forte richiesta di mobilità individuale, che di conseguenza porta anche a un contributo alla risoluzione dei problemi ambientali, di inquinamento, ad un risparmio economico nei costi e nei tempi.

L’ottimismo e la voglia di avventura degli anni ‘80 sono quasi un ricordo: oggi prevale in quotidiano, la praticità, il risparmio di tempo.

I giovani, da parte loro, non creano più miti propri ma li prendono dal mondo degli adulti. Lo scooter ha avuto successo perchè è piaciuto agli adulti e perchè le industrie costruttrici sono state in grado di superare il vecchio concetto di scooter proponendo una sapiente miscela di look e tecnologia. Oggi sul mercato esistono veramente tanti modelli e chiunque è in grado di sceglierne uno nella vastissima gamma di proposte.

Ogni casa costruttrice ha in produzione più di un modello che va dalla linea classica e tondeggiante a quella più grintosa che tanto ricorda le moto da corsa, fino ad arrivare persino al modello da cross.

Anche quest’anno, con l’arrivo della primavera ogni casa proporrà i nuovi modelli, sempre più raffinati e sempre più accessoriati, con prezzi che varieranno dai tre milioni di un Kimco ai sei del super accessoriato Zip full optional.

Chi non ha uno scooter ha poco tempo per decidere di comprarlo se non vuole perdersi questa primavera, perchè uno scooter non è moda ma è un mezzo utile, economico, pratico e bello.