Raccolta articoli C&TL

    

 

 

 

 

                                                        Domenica dove?

                                                       Proposte turistiche alternative

 

 

Un appuntamento che caratterizza ogni numero di Cassa e tempo libero è la rubrica, curata dal collega

Lealdo Magni, di consigli e suggerimenti per trascorrere una giornata in una località “diversa” fuori

dagli itinerari consueti e dalle località di grido.

 

da C&TL -Anno 1 N. 1 Giugno 1996

 

di Lealdo Magni

Questo primo itinerario che voglio suggerire è “Castelluccio” un borgo, a 810 metri di quota, che si trova sull’Appennino Tosco-Emiliano nelle vicinanze di Porretta Terme.

Raggiungerlo è estremamente semplice: basta prendere la strada che da Porretta conduce a Lizzano in Belvedere e seguire, a circa metà del percorso, la deviazione indicata.

 

“Arroccato su di un crinale che domina le vallate dei torrenti Silla e Rio Maggiore, Castelluccio, grazie al tessuto edilizio ancora integro, conserva un particolare fascino. Nella parte più alta del paese si trova la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta, edificata fra il 1660 ed il 1690 in sostituzione di un precedente edificio danneggato da una frana.

La chiesa, a tre navate con volte, conserva all’interno un’importante pittura dell’Assunta attributo a Domenico Maria Canuti e un quadro raffigurante i Santi Fabiano, Sebastiano e Rocco di Alessandro Tiarini. Esattamente di fronte alla chiesa sorge l’ratorio del Crofefisso eretto nel 1605.

All’entrata del paese vi è un piccolo castello le cui forme medioevali possono facilmente trarre in inganno. Si tratta in realtà di un edificio costruito nel secolo scorso dal filantropo Alessandro Manservisi, trasformata successivamente in colonia per bambini.

A poca distanza da Castelluccio, immerso in uno splendido scenario di boschi incontaminati, sorge il Santuario della Madonna del Faggio. Una costruzione semplice, fiancheggiata da un porticato, edificata nel 1722 su luogo dove, secondo uno schema largamente diffuso, erano avvenuti alcuni miracoli. Tradizioni a parte le prime notizie della venerazione di questa immagine risalgono al 1622 quando il bassorilievo raffigurante la Madonna col Bambino venne trasferito dall’albero di faggio, dove originariamente era collocato, all’interno di un piccolo tabernacolo. Sul retro del santuario vi è una abitazione utilizzata a lungo dal custode, il cosiddetto “Romito”, personaggio solitario munito di autorizzazione ecclesiastica che, abitando perennemente presso il Santuario, svolgeva le funzioni di custode.

Merita infine menzione il borgo di Tresana, tipico centro di alta quota, risalente al XVIII secolo, che presenta ancora intatte le caratteristiche dell’edilizia appenninica, con casa dotata di balchio ed alcuni architravi scolpiti.”

 

 da C&TL -Anno 1 N. 2 Luglio 1996

       

di Lealdo Magni

L’itinerario proposto in questo numero ci conduce in provincia di Arezzo, in VAL DI CHIANA, alla riscoperta di due piccoli borghi: LUCIGNANO e GARGONZA.

Sono raggiungibili in poco più un’ora prendendo l’Autostrada del Sole in direzione sud con uscita a Monte S. Savino (quello dopo Arezzo - 115 Km da Pistoia).

 

Non possiamo non fermarci per una breve visita anche a Monte S. Savino che domina la distesa verde e ineguale della Valdichiana dall’alto del suo colle.

Il primo insediamento urbano è della fine del 1100, ma occorre attendere ancora un secolo per considerare Monte S. Savino rilevante nel contesto sociale, politico e culturale della Toscana del tempo. In epoca rinascimentale, grazie al mecenatismo della più potente famiglia locale, i Ciocchi-Di Monte, raggiunge la massima notorietà divenendo un importante centro artistico, che da lì a poco darà i natali al grande scultore Andrea Cantucci detto il “Sansovino”.

Alla vitalità artistica il paese unisce una notevole forza commerciale grazie soprattutto alla fiorente comunità ebraica che vi rimarrà insediata fino alla cacciata avvenuta  nel 1799 durante l’occupazione francese.

Storicamente Monte S.Savino vIve vicende alterne: alleato dei fiorentini viene distrutto del 1326 dal vescovo aretino Guido Tarlati; ricostruito dagli stessi aretini conosce successivamente la dominazione di Perugia, di Siena, di Arezzo e, infine, della Firenze medicea che lo guiderà per ducento anni, fino al 1737, anno di inizio della sovranità dei Lorena, che regneranno fino all’unificazione d’Italia.

Meritano di essere ammirati: La Rocca, il Palazzo di Monte, la Loggia dei Mercanti, la Torre del Palazzo Pretorio, il Santuario di S. Maria delle Vertighe, la Chiesa di S. Chiara, la Chiesa della Pieve, la Chiesa dei SS: Egidio e Savino.

 

Proseguendo per 6 chilometri, seguendo le indicazioni, giungiamo a Lucignano.

Situato a 400 mt. s.l.m., Lucignano è uno dei centri più interessanti della Toscana per l’originale impianto castellano a pianta circolare entro le cui mura le strade si sviluppano con andamento concentrico. Salvo poche eccezioni gli edifici costruiti fra il sec. XIII e XVIII sono perfettamente conservati e conferiscono al paese un aspetto molto nobile, accentuato dalle solide forme della rocca (sec. XV), dalla maestosa propositura e dalla gotica chiesa di S. Francesco.

Nel Palazzo Comunale, ricco di affreschi di scuola senese e aretina, è ordinato un piccolo museo, notevolissimo per il pregio delle opere e degli arredi che vi si conservano. Importantissimo un originale reliquiario, stupendo esempio dell’oreficeria aretina tardogotica.

 

Terminiamo il nostro itinerario raggiungendo in 12 chilometri Gargonza.

Situato a 543 mt s.l.m., Gargonza gode di un eccezionale panorama che permette di scoprire i contorni del paesaggio toscano ed umbro. Circondato da folti boschi, il paese  mantiene intatta la misura ed il colore dell’insediamento medioevale, con le sue case, la torre, la chiesa romanica, le mura. Per la sua situazione geografica, la storia di Gargonza è intessuta delle vicende politiche e belliche tra Firenze, Siena ed Arezzo. Dante Alighieri, ospite dei Conti Ubertini, vi trascorse i primi giorni del suo esilio.

A causa dell’esodo rurale le sue case andavano in rovina. Fortunatamente sapienti restauri hanno salvato questo paese che rappresenta un luogo ideale per quanti cercano quiete e riposo in una dimensione che ormai va facendosi sempre più rara.

 

Un consiglio utile per chi volesse fermarsi per il pranzo: Ristorante Castello di Gargonza - Tel. 0575 - 847021

 

da C&TL -Anno 1 N. 3 Settembre/Ottobre 1996

       

LE CASCATE DEL DARDAGNA di Lealdo Magni

Quest’anno, per la prima volta, l’ora legale terminerà a fine ottobre, cosicché avremo a disposizione un mese in più di “giornate lunghe” ed è                   proprio per     questo motivo che  proponiamo questa gita solitamente estiva: le cascate del Dardagna, le più alte dell’Appennino Tosco-Emiliano con un  dislivello totale di  quasi 200 metri.

Dopo una estate abbastanza piovosa, specie in montagna, lo spettacolo del notevole gettito d’acqua è senza dubbio garantito, quindi non ci resta che partire.

Queste cascate si trovano in prossimità di Madonna dell’Acero,  località facilmente raggiungibile da Pistoia con 66 km. seguendo la statale 64 Porrettana fino a Silla e continuando sulla provinciale per Lizzano Belvedere e Vidiciatico.

Arrivati a Madonna dell’Acero dobbiamo proseguire fino al rifugio Il Cavone facilmente riconoscibile dal laghetto e dalla piacevole area picnic: senza dubbio l’ideale per una sosta.  Poco avanti  si incontra la partenza della seggiovia di Rocca Corneta che raggiunge il crinale nei pressi del Corno alle Scale, con una bella sorgente caratterizzata da un tronco cavo modello “Dolomiti”  e, proprio  sul  lato opposto della strada, e’ segnalato il sentiero 33B che  in circa mezz’ora di cammino  conduce alle cascate.

Il percorso di andata è totalmente in discesa, il ritorno, purtroppo, tutto in salita; il tratto iniziale attraversa un folto bosco di faggi e abeti bianchi, successivamente si incontra il sentiero principale 3 proveniente da Madonna dell’Acero dove si prosegue sulla destra per pochi metri fino ad incontrare sulla sinistra il cartello che ci indica che siamo prossimi alle cascate (anche se è impossibile non udirne il fragoroso rumore !);  inizia un tratto a “scaletta” che in pochi minuti ci conduce proprio sotto il primo salto. (E’ importante prestare attenzione!, ma senza alcun  pericolo, perché il sentiero è alla portata di tutti).

Seguendo i camminamenti raggiungeremo anche i successivi quattro “salti” che compie il torrente Dardagna durante il suo corso e potremo continuare ad ammirare la  stupenda natura circostante.

Dopodiché iniziamo la risalita per tornare al parcheggio sulla strada.

La successiva sosta d’obbligo è lo splendido santuario di Madonna dell’ Acero  un luogo dove si intrecciano paganesimo e devozione cristiana, storia e leggenda, e, senza dubbio, un  grande fascino e  altrettanta suggestione.

Sorto nel 1358 come ospizio per i montanari, in seguito ad una leggenda che la Madonna sia apparsa ad un pastorello cieco ridonandogli la vista, è lungo 26 metri e diviso in cinque arcate sulle quali poggia la bella copertura in lastre di arenaria. All’interno sono conservati diversi ex voto di origine popolare tra cui il gruppo di statue lignee “ I Brumori”. Da allora la struttura dell’ edificio è rimasta sostanzialmente intatta, non avendola alterata i restauri del 1759 e del 1949. Nella spianata prospiciente l’edificio sacro si trova una grande pianta di acero di monte  plurisecolare quasi a delimitare i confini tra il  bosco e questo luogo di preghiera.

 

da C&TL -Anno 1 N. 3 Settembre/Ottobre 1996

 

ANDAR PER PRESEPI  di Lealdo Magni

Nella suggestiva atmosfera natalizia  vi proponiamo la visita ad alcuni presepi: itinerario ideale di arte e di fede, dove ammirazione e devozione si fondono per celebrare la Natività.

Il presepio, come è noto, ebbe origine dalle rappresentazioni liturgiche della notte di Natale, dalle quali S. Francesco trasse l’idea per il suo presepio di Greccio (1223 - piccolo paese a pochi chilometri a nord di Rieti, dove ancor oggi rinnova la tradizione con una mostra permanente di presepi), poi fu diffuso dai Francescani, dai Domenicani e dai Gesuiti.

Il presepio più antico è quello della basilica di S. Maria Maggiore a Roma realizzato da Arnolfo di Cambio.

Nel nostro itinerario consigliamo la visita ad  un presepe un po' particolare: un presepe d'autore, che possiamo ammirare a Firenze nel Museo del Bargello o Nazionale, tra via Ghibellina e via della Vigna Vecchia, a pochi passi da Palazzo Vecchio (l'ingresso è da via del Proconsolo, n. 4 - orario 9.00-13.00 - chiuso il Lunedì - Tel. 055/23885). Questo museo è considerato da molti il più importante d'Italia, è uno scrigno di tesori d'arte di inestimabile valore, grazie alle preziose opere dei Della Robbia, di Donatello, di Michelangelo, di Bernini, Cellini e Giotto. Saliamo al secondo piano per ammirare le sale dei Della Robbia dove spicca l'opera più importante di Giovanni: il Presepe,  meravigliosa opera artistica in terracotta policroma, grande composizione alta circa tre metri,  datata 1521, tipico prodotto della bottega robbiana; una specie di grande affresco in terracotta dove colori, paesaggio, personaggi sono racchiusi in uno spazio senza tempo, legati da un nitido filo narrativo festosamente sereno.

Osserviamo da vicino questa splendida opera che ha, rispetto alla tradizione religiosa, alcuni particolari inediti: il Bambino Gesù, ad esempio porta la mano sinistra alla bocca e subito dietro a lui, tra la Vergine e S. Giuseppe, l’una genuflessa in atto di preghiera, l’altro appoggiato al bastone, c’è San Giovannino con le braccia in croce. Accanto alla capanna un pastore con una pecora legata per le zampe, in alto al centro tre angeli che cantano. A filo con la volta un tondo con Dio Padre, circondato da cinque teste alate di cherubini e dalla colomba dello Spirito Santo. Alla base l’adorazione dei Re Magi e , ai lati estremi, due santi genuflessi. All’estremo della cornice, a far corona, quattro grandi angeli. Alla base del presepe si legge: “Puer natus est nobis”, “Il Bambino è venuto tra noi”. Al di là della tradizione religiosa e popolare, è questa splendida maiolica che a distanza di cinque secoli possiamo ancora intensamente ammirare.

Tenendo presente che in quasi tutte le chiese pistoiesi vengono realizzati presepi dalle forme e dalle caratteristiche più svariate, vogliamo segnalarne alcuni particolarmente suggestivi:

- Cattedrale di Pistoia (nella cripta)

- Convento di Giaccherino (sarà inaugurato il 24/12 durante la messa di mezzanotte e visitabile le domeniche 29/12 e 5/1 dalle ore 16 alle 18).

- Chiesa dello Spirito Santo

- Chiesa di S. Maria Assunta - Piteccio

- Le Piastre (lungo la SS66 Pistoia-Abetone) - Concorso "Il presepe più bello" organizzato dalla Pro-loco Alta Valle del Reno in collaborazione con il quotidiano Il Tirreno. Sempre a Le Piastre presso "Il Vivaio" presepe meccanico.

- Altagnana (MS) - presepe meccanico in stile francescano

- Castagnetola (MS) - presepe con statue a grandezza d'uomo.

I presepi viventi  non sono frequenti nella nostra città perciò ve ne  indichiamo alcuni fuori zona particolarmente interessanti per la loro scenografia:

- Barga (LU) - il 23 Dicembre -  ore 19 

- Castelvecchio di Pescia: il   24 Dicembre -  ore 20

- Ghivizzano (Coreglia Antelminelli - Lucca) 

- Equi Terme (MS) -  23-24-25-26 Dicembre - ore 20

Inoltre  per gli appassionati della maestria e dell'artigianato del presepe segnaliamo:

Nel mese di Dicembre presso la Chiesa di S. Benedetto in Gottella (Lucca)  5° Concorso Minipresepi.

A Bologna - a Palazzo Isolani, un classico degli appuntamenti natalizi: Ivan Dimitrov, artista bulgaro, presenta cinquanta esemplari di presepi in terracotta alcuni dei quali larghi fino a sei metri e composti di duecento elementi.

 

 da C&TL Anno 2 N. 1 - Gennaio/Febbraio 1997

 BAGNO VIGNONI - Incantevole paese della  Val d' Orcia di Lealdo Magni

L'inverno per molte persone non è la stagione ideale per fare gite, ma quella che proponiamo in questo numero è particolarmente indicata in questo periodo e vi darà senza dubbio un’ immagine unica e suggestiva: Bagno Vignoni, un paese che offre uno spettacolo singolare,  una piazza piena d'acqua!

Frazione di S. Quirico d'Orcia, in provincia di Siena, Bagno Vignoni sorge a 306 m. d'altezza nella Val d'Orcia, una delle valli  più  suggestive della Toscana, con paesaggio ricco di castelli, borghi medievali e circondato dalle colline con le famose crete. E' raggiungibile con l'autostrada del Sole, uscita Chiusi-Chianciano, quindi in 45 km. con la statale 146 e la Cassia proveniente da Siena in direzione Sud fino al bivio per Bagno Vignoni.

Questo piccolo borgo è costruito intorno ad una piazza unica nel suo genere, più che di una  piazza si tratta di una grande vasca lunga cinquanta metri e larga trenta alimentata da una polla dove sgorgano venti litri al secondo di acqua ipertermica a 50 gradi (anche se la temperatura media nella piscina e' di circa 40 gradi). Sono acque minerali bicarbonato-solfato-alcaline molto terapeutiche, particolarmente indicate per la cura di malattie artroreumatiche. Queste terme già note ai Romani ed anche agli Etruschi, hanno avuto un periodo di grande espansione dal '300 fino al Rinascimento poi nel '700 è iniziato lo sfruttamento in senso moderno allorchè la famiglia Chigi, che detiene la concessione perpetua delle acque, costruisce il primo stabilimento termale, in seguito ingrandito e rinnovato

Proprio quando pioviggina o cala la nebbia i fumi ed  i vapori che aleggiano sulla superficie dell'acqua conferiscono a questa piazza un'atmosfera misteriosa e inquietante al tempo stesso.

Gli edifici attorno e le facciate conservano gli archi e le scale esterne, costruite alla maniera toscana con mattoni a faccia vista frammisti a blocchi di travertino,  elementi tipici del periodo medioevale, antichi segni di una storia che si perde nel tempo ed ideale cornice per una piazza così particolare.

La sera accompagnati dalle  fioche luci del borgo e,  se saremo fortunati dal riflesso della luna,  ci potremo  soffermare in serena contemplazione ad osservare il loggiato del '400  nei pressi della cappella dedicata a S. Caterina da Siena  o Palazzo Piccolomini, che conserva sulla facciata lo stemma di famiglia.

 A pochi chilometri consigliamo di visitare Rocca d' Orcia, minuscolo borgo medievale ai piedi della Rocca di Tentennano e Castiglion d' Orcia, antico castello di aspetto rustico appartenuto agli Aldobrandeschi, poi ai Salimbeni  e quindi alla Repubblica di Siena. Sorge in posizione elevata su uno sperone dominante la valle, dominato dalla trecentesca rocca, che nel Medioevo godette la fama di maniero inespugnabile, e dalla quale si può ammirare uno splendido panorama fino al  Monte Amiata.

Informazioni:

A Bagno Vignoni si alloggia all' albergo Posta-Marcucci, via Ara Urcea (tel. 0577-887112) con piscina termale ed a Le Terme piazza  delle Sorgenti (tel. 0577-887150),

L' Osteria del Leone propone la cucina tipica della Val d'Orcia  con rielaborazione delle ricette "povere medievali"

 

da C&TL Anno 2 N. 2 - Marzo/Aprile 1997

 CAMPIGLIA MARITTIMA

Attraverso la Val di Cornia e le pendici di Monte Calvi di Lealdo Magni

In questo numero proponiamo un interessante itinerario sulle colline nell’immediato entroterra della “Riviera degli Etruschi”,  facilmente  raggiungibile con l’autostrada  A12 Genova-Livorno e la superstrada per Cecina-Grosseto  uscendo a S.Vincenzo.

Di questo comprensorio molti conoscono già Castagneto Carducci, interessante borgo che riporta subito alla mente i cipressi di Bolgheri della poesia  “Davanti S. Guido”;  ma la meta della nostra gita è Campiglia Marittima, un luogo particolarmente interessante e  profondamente segnato dalla millenaria presenza dell’uomo. Ma non facciamoci ingannare dal nome “Marittima” perchè questo paese si trova a m. 280 di altitudine  e dista più di dieci chilometri dal mare!

La cittadina conserva eloquenti vestigia di cinte murarie e di edifici fortificati: le Porte conferiscono al paese l’originario aspetto medioevale (vedi in particolare la Porta Fiorentina a Nord con gli stemmi in pietra di Pisa e Firenze). Nel centro storico vi sono  numerose testimonianze dell’antico borgo;  tra vicoli stretti e tortuosi si apre la bella piazza con il famoso Palazzo Pretorio il cui esterno è incastonato di numerosi stemmi dei commissari che via via lo abitarono; l’interno notevolmente modificato, conserva ancora, oltre le stanze del Capitano, anche la “camera del tormento” dove venivano torturati i prigionieri. 

In bella vista,  su una collinetta contigua a quella su cui sorge Campiglia, si eleva la Pieve di San Giovanni, imponente edificio del XII secolo, ad una sola navata,  in stile romanico con chiari influssi pisani. Sotto il tetto della cappella laterale è scolpita da epoca imprecisabile una curiosa iscrizione che si può leggere in tutti i sensi, alto-basso, destra-sinistra, che si ipotizza rappresenti una specie di  scongiuro contro il pericolo di incendi

Un insediamento urbano doveva esistere fin dai tempi degli Etruschi,  che qui si installarono con le loro fucine. Infatti sono rimasti, quali testimoni, antichi forni fusori (forse gli unici al mondo) dove venivano lavorati  principalmente minerali di rame, stagno  e piombo,  come evidenziano le numerose scorie esistenti in tutta la valle.

Ci sarebbero molte altre località da descrivere di questo affascinate comprensorio: Sassetta, Monteverdi, Venturina, Suvereto, ecc, vi potremmo proporre un tuffo nel "Calidario" o fornire altre informazioni turistiche su un' espressione artigianale di alto valore,  ma preferiamo segnalarvi, quale luogo di particolare interesse, il Parco Archeo-Minerario e le rovine di Rocca di S. Silvestro.

Il villaggio fortificato di Rocca S. Silvestro fu fondato nel corso del X secolo sotto la signoria dei conti della Gherardesca. L’area sommitale del castello è separata dal borgo da una cortina muraria ed una via lastricata.

Nonostante il totale abbandono ci fornisce un eccezionale documento attraverso il quale è possibile evidenziare uno spaccato di vita di un villaggio medioevale di minatori e fonditori di metalli.

Indichiamo che è possibile una visita guidata della riserva archeo-mineraria (per informazioni orari e visite rivolgersi alla Società del Parco tel. 0565/838680)

 

da C&TL Anno 2 N. 3 - Maggio/Giugno 1997

 

IL PARCO DI MONTE MARCELLO E PUNTA CORVO di Lealdo Magni

Con il numero di giugno entriamo in clima di estate e di vacanze che spesso fanno rima con mare e montagna quindi suggeriamo una zona abbastanza vicina  che  puo' comprenderle entrambe: il parco di Montemarcello.

Questo comprensorio si trova all'estremo orientale della Liguria di Levante; separa il golfo di La Spezia  dalla Val di Magra ed è raggiungibile con la A12  uscita Carrara in direzione Marinella (SS 432)  e successivamente Ameglia (km. 8) e Montemarcello (km. 5).

L' area protetta è gestita dall' Istituto di Ricerca Ambientale ed è rappresentata dal Monte Caprione, da un sistema collinare e da una zona costiera che si presenta rocciosa e frastagliata con alcune insenature interessanti come Cala Marola, Punta Bianca, Punta Corvo. Possiamo senz'altro dire che tutta la zona è di grande interesse sia naturale che paesaggistico, ma le poche righe a disposizione ci impongono una scelta e quindi, data la sua particolarità,  suggeriamo proprio Punta Corvo come meta di questo itinerario

Località di partenza Montemarcello (m. 260 slm) - antico borgo che rievoca la vittoria del console romano Claudio Marcello sui Liguri Apuani (155 a. C) ed anche le sue vie ad angolo retto ricordano un accampamento romano 

Tempo di percorrenza in discesa 30' circa

Il percorso ha inizio davanti alle scuole, il primo tratto si snoda in mezzo ad alcune case sparse, in una zona ancora parzialmente coltivata, anche se la flora spontanea sta progressivamente colonizzando questi luoghi con erica, mirto, corbezzolo e ginestra.

Volgendo lo sguardo verso il mare non è difficile individuare Portovenere sul promontorio occidentale del Golfo nonchè le isole Palmaria, Tino e Tinetto.

Proseguendo sul segnavia 3D si sfiora un lembo di bosco di lecci circondato da oliveti abbandonati con alcuni ruderi in pietra di vecchie stalle, poco più avanti iniziamo la lunga scalinata che conduce allo "spiaggione" che inizialmente si snoda in una pineta in cui si trovano altri arbusti tipici della macchia mediterranea come cisto e lentisco.

A metà circa della discesa incontriamo nuovamente un ombroso bosco di lecci dove sono state realizzate due panchine in legno per consentire una piccola sosta.

Continuando a scendere il sentiero fiancheggia zone pietrose poi la scalinata scende più ripida e scoperta mostrando la spiaggia ormai vicina, la vegetazione si dirada non solo vicino al sentiero, ma lungo tutta la pendice del monte.

Facciamo in tempo a notare che gli ultimi scalini sono in cemento, probabilmente per resistere meglio all'azione del mare nei giorni di libeccio, ed eccoci a Punta Corvo: è la spiaggia più grande di tutto il promontorio e colpisce subito il particolare colore scuro della sabbia,  formatasi dallo sgretolamento delle rocce arenariche soprastanti,  senza dubbio un colore così inconsueto tra  le coste della penisola che sarà destinato a rimanerci in mente per tanto tempo.

Il mare qui è limpido e trasparente e se le condizioni lo permettono possiamo  ammirare il bel fondale roccioso. E' da segnalare una sorgente (non perenne)  che si trova nei pressi di una grotta presente sulla destra ed inoltre che questa spiaggia è raggiungibile anche tramite un saltuario servizio di traghetto da Bocca di Magra o da Fiumaretta.

Dopo aver sostato ed aver fatto il meritato "tuffo" (giusto premio per la meta raggiunta!) non ci resta che prepararci con calma e pazienza ad affrontare la risalita che, potrà risultare meno lunga e impegnativa se ci concentreremo sulle bellezze naturali che questo luogo così singolare ci ha appena offerto.

 

da C&TL Anno 2 N. 4 - Settembre/Ottobre 1997

 IL FASCINO DEL VERDE MUGELLO di Lealdo Magni

Questa zona della Toscana offre l’occasione al visitatore di scoprire un ambiente veramente gradevole, ben lontano dalle forzature massificate e anonime che spesso ci riservano i grandi centri urbani e industriali.

Il viaggiatore potrà scoprire castelli, ville e conventi immersi in un paesaggio di bellezza austera dove natura e antiche trasformazioni  di paesaggio introdotte dall’uomo, vivono in suggestiva armonia.

Il Mugello, racchiuso a nord dal crinale tosco-emiliano e compreso a sud dalla Val di Sieve, è un ambiente ricco di storia e cultura, con cibi genuini e buon vino, (vi sono diverse aziende agrituristiche dove si può degustare il famoso Chianti Rufina). Possiamo osservare serene distese di campi punteggiate di belle case coloniche e strade che costeggiano paesaggi collinari dai quali si godono ampi panorami, inoltre il vecchio, ma suggestivo tracciato ferroviario della Faentina ci consente ancora di percorrere  l’Alto Mugello per ritrovare gli echi di una civiltà contadina che qui non è stata snaturata.

Feste, fiere e sagre paesane, visite ai musei, ricchi di storia e di arte, mantengono viva la testimonianza delle attività tradizionali di questi luoghi; in particolare vi segnalo la mostra permanente di vita  artigiana e contadina con personaggi in movimento (sono oltre 100) a S. Agata  frazione di Scarperia  raggiungibile dall' Invaso di Bilancino in direzione  Galliano con circa 9 km.

Le recenti cronache politiche del dualismo per il seggio senatoriale tra Di Pietro e Curzi hanno portato alla ribalta due storiche dimore medicee, scelte per le loro convention:: i castelli del Trebbio e del Cafaggiolo.

I Medici, originari del Mugello,  hanno lasciato in questo territorio segni molteplici e felici di un potere che coniugava strettamente l’espansione economica e politica all’espressione artistica più innovativa.

A pochi chilometri da Firenze (uscita autostrada A1 - Barberino) sono facilmente raggiungibili entrambi:

Trebbio: (m. 450) In splendida posizione sulla Val di Sieve. Disegnato da  Michelozzo nel 1461 su commissione di Cosimo dei Medici, di cui fu residenza prediletta, la fortezza è costituita da un corpo quadrangolare sorvegliato da un’alta torre merlata che si affaccia sul bellissimo giardino all’italiana e la corte con pozzo circolare. La villa-castello è progettata con architettura sobria  e modellata con volumi semplici pur avendo l’apparenza di un fortilizio.

Cafaggiolo: (m. 225)  Splendido esempio di abitazione-castello con aspetto imponente. Proprio da qui proviene il ramo principale dell’illustre famiglia dei Medici.

In quest’ambiente si formò Luca Della Robbia che qui apprese l’arte di applicare lo smalto alla terra.

Le due residenze sono private e pertanto per visitarle è necessario rivolgersi all’Ufficio Turistico di Borgo S. Lorenzo (Borgoinforma tel. 055/8456230).

Non possiamo a questo punto trascurare un’altra importante meta turistica del Basso Mugello, un’altra perla dei Medici che dista pochi chilometri da Cafaggiolo: il convento francescano di Bosco ai Frati.

Complesso pregevole in stile rinascimentale  la cui costruzione viene fatta risalire dalla tradizione ai monaci basiliani per conto degli Ubaldini nel 600.

Nella chiesa a unica navata con tre campate notare l’altar maggiore in legno intagliato progettato dal Michelozzo nel 1420

Nella stanza dei Medici  si può ammirare il celeberrimo Crocifisso ligneo di Donatello, (1450)

Interessanti anche la Sagrestia, il Chiostro ed il Refettorio. Ai piani superiori visitare le cellette dove si trovano affreschi di S. Bonaventura.

Questi luoghi si propongono al visitatore per la storia che li ha attraversati e per il futuro che li vuole conservare a misura d’uomo.

 

da C&TL Anno 2 N. 5 - Novembre/Dicembre 1997

 NELLA LUCCHESIA - TRA STORIA E LEGGENDA: VILLA MANSI di Lealdo Magni

In inverno, quando la luce pomeridiana ci fa compagnia soltanto poche ore, non c'è niente di meglio che la visita ad un museo o un palazzo storico che ci possono offrire al tempo stesso arte e svago. Quando tutto questo è accompagnato da un  grande e bellissimo parco credo che  ci sentiremo ideali  "protagonisti" di un quadro  in una  cornice di elegante atmosfera.

Talvolta anche la meraviglia si può trasformare in realtà, come la visita ad una delle più  belle ville lucchesi: Villa Mansi. Forse non ci crederete, ma nel comprensorio lucchese vi sono oltre trecento ville che, nascoste sulle colline o disperse nella pianura, possono essere degne di nota e richiamare l' interesse del turista più esigente. Avrei potuto segnalarvi Villa Torrigiani a Camigliano, la Villa Reale di Marlia, villa Bernardini a Vicopelago oppure Villa La Specola a Matraia o tante alte minori, ma ho scelto Villa Mansi a Segromigno perchè  è  la più nota delle ville lucchesi. La sua immagine fa parte del repertorio iconografico di numerose trattazioni e divulgazioni sul tema della villa e del giardino, tanto  che per molto tempo si è identificata in essa la dimora rurale signorile di Lucca.

Segromigno a Monte è raggiungibile facilmente dalla autostrada A11 uscita Altopascio seguendo prima le indicazioni in direzione  Porcari, poi Zone oppure dalla SS 435 Lucchese che collega Pescia a Lucca fino ad incrociare il cartello turistico che indica la deviazione per 4 km.

Villa Mansi  rappresenta la tipica villa lucchese,  con aspetti architettonici rilevanti che  ricordano  le più facoltose famiglie mercantili come i Guinigi ed i Guicciardini, gli Orlandini ed i Moriconi.

Costruita nella seconda metà del 500, venne ampliata e trasformata nella facciata da Muzio Oddi di Urbino (che si trovava già a Lucca per fortificare le mura)   intorno al 1635. Nel secolo successivo l'abate Gian Francesco Giusti ne rielaborò ulteriormente la facciata modificandone la parte superiore arricchendola di statue e balaustre conferendo al palazzo  il tono manieristico di tradizione cinquecentesca che ha mantenuto fino ad oggi.

Nell' edificio l' eleganza del barocco della facciata si fonde armonicamente con l'arredamento degli interni, sia nel mobilio che nelle decorazioni. All'interno la grande sala centrale è ornata da grandi tele  e stucchi di Stefano Tofanelli, nei suoi saloni affrescati troviamo mobili del '700 ed una stupenda collezione di quadri (Maffei, Jacopo Annigoni, Salvator Rosa, etc) nonchè coppe e bronzi antichi e sala da pranzo con vasellami vecchio Ginori.

Verso la fine del secolo XVIII, il proprietario, Ottavio Mansi, affidò  il rifacimento del parco al famoso architetto Filippo  Juvara (autore della Basilica di Superga!),   cosicchè l'impianto rinascimentale ne fu sconvolto per dar luogo ad un elaborato e sapiente gioco di effetti scenografici impostati sull'alternanza di prospettive:  i dislivelli mutarono in dolci declivi e si crearono giardini chiusi con siepi. Nell'Ottocento gran parte di questo intervento fu annullato riproponendo la moda corrente del giardino' naturale' o all 'inglese, in cui le sopravvivenze settecentesche assunsero un aspetto ed un significato diverso.  Il grandioso giardino ha effetti scenografici di grande efficacia con il vasto prato che circonda il palazzo,  i sentieri a forma di stella, in cui si trovano fontane e panchine in pietra, il bosco ed ogni parte ha la sua autonomia prospettica basata su una scenografia che sfrutta gli effetti delle distanze ed i giochi di luce e di acqua. Alla fine del giardino il "Bagno di Diana" con statue in marmo, luogo ideale per i voli di fantasia, infatti, incontrando qualcuno del luogo,  potremo farci raccontare la leggenda di Lucida (sposa di Gaspare Mansi) che narra la vanità di questa donna bellissima tanto da fare un patto con il diavolo: la bellezza e la gioventù in cambio di trent'anni di vita , ma allo scadere il maligno prese la sua vittima e la sua anima in una voragine nei pressi del laghetto.

(Orario per le visite: 10 - 13;  15 - 17.

Per ulteriori informazioni tel. 0583/920234).

Prima di lasciare Segromigno interessante la pieve romanica di S. Lorenzo perchè conserva all'interno diverse opere d'arte tra cui la pregevole Pietà, opera di Baccio da Montelupo.

 

da C&TL Anno 3 N. 2 - Maggio/Giugno 1998

 La Certosa di Calci  ed il Museo di Storia Naturale di Lealdo Magni

La Certosa di Calci si trova in provincia di Pisa, quasi al limite con la provincia di Lucca, ed è facilmente raggiungibile percorrendo l’autostrada A11 fino ad Altopascio e proseguendo per Bientina e Uliveto Terme. Sorge ai piedi del Monte Serra (917 m.)(“Monte perché i pisan veder Lucca non ponno”) in un luogo di eremitaggio e di preghiera, una sorta di reggia della clausura, come se la sua austerità servisse a vigilare e garantire il silenzio sulle pendici dei Monti Pisani. Il grande valore dato alla vita eremitica, che qui si traduce sul piano architettonico nelle relazioni tra luoghi di solitudine e riflessione e luoghi d’incontri collettivi, sono rappresentati da due elementi emblematici: la cella e la chiesa.

La Certosa fu fondata nel 1366 dal mercante pisano Mirante della Vergine, come attestano molti documenti che rivelano i momenti delle varie edificazioni della chiesa e delle cappelle laterali, della sagrestia, del refettorio dei monaci, del chiostro e della foresteria. Verso la fine del Seicento la planimetria degli edifici era perfettamente definita; a seguito infatti di notevoli mutamenti al momento attuale non appare più come un monumento unico, ma come una compenetrazione di stili, di ambienti e di volumi nei quali la storia si fonde; infatti, data la sontuosità dei locali, è uno dei più rappresentativi esempi del barocco in Toscana.

Varcato il cancello di ingresso si attraversa il grande prato che fa da proscenio ad una facciata spettacolare, singolare, oltre che per  l’imponenza dell’edificio, per la presenza di molte statue tra le quali due che rappresentano le costanti della vita sacerdotale: la Speranza e la Fede. Ai lati due grandi orologi sono rivolti verso la pianura quasi a sottolineare che il tempo resta fuori da queste mura.

“Habitantibus hic oppidum carcer est et solitudo Paradisium”: per chi abita qui la città è un carcere e la solitudine il Paradiso, questa citazione di San Gerolamo è quanto si legge appena si arriva, in alto, sulla parete sinistra del grande arco d’ingresso.

Appena dentro è tutto un susseguirsi di chiese minori e cappelle, qui entra in gioco la vera essenza della Certosa e della sua complessa struttura, ogni angolo si integra con l’ ambiente circostante, dalla Sala Granducale al Refettorio, dalla Cappella del Capitolo al Chiostro Grande; al primo piano si trova anche una terrazza da cui si gode la vista della Piazza dei Miracoli ed un ampio panorama che spazia fino a Livorno.

Quasi adiacente, a pochi metri dai locali della Certosa, si trova il  Museo di Storia Naturale e del Territorio dell'Università di Pisa, assegnato dal Demanio dello Stato all'Università. Progettato come struttura didattica e di ricerca capace di integrarsi negli aspetti storico architettonici della Certosa trae le sue origini dalla  "Galleria",  fondata nel 1591 da Ferdinando I dei Medici, annessa all' Orto Botanico, anche se la raccolta delle collezioni è forse iniziata ancor prima della fondazione ad opera di Luca Ghini (1544-1554).

In seguito il Museo, sia pure conservando una collocazione unitaria, si suddivide in entità autonome per la successiva specializzazione dei campi di ricerca nel settore delle Scienze Naturali.

Meritano menzione per valore storico o scientifico o didattico-espositivo le collezioni dei cetacei, dei mammiferi naturalizzati, degli uccelli, di anatomia comparata, dei minerali toscani, dei marmi delle Alpi Apuane, dei fossili, ecc.

Orario visite della Certosa dal martedi al sabato  9.00 – 18.00; domenica 9.00 – 1200; - Tel.050-938430.

Il Museo è aperto anche la domenica pomeriggio.

Prima di lasciare Calci, Vi consiglio di visitare Caprona, piccolo paese dominato dall’alto dalla Torre, divenuta ormai un insostituibile punto di riferimento della zona, un tempo imponente rocca, oggi minacciata dai cedimenti del terreno dovuti ad una cava in disuso. La rocca e il lungo assedio che la lega guelfa sostenne nel 1289 per conquistare questo avamposto pisano sono rammentati da Dante  nel XXI canto dell’Inferno  “Così vid’io già temer li fanti / ch’ uscivan patteggiati di Caprona / veggendo se tra nemici cotanti”.

Questa gita dai contenuti vari e interessanti ci avrà fatto scoprire una parte della Toscana meno conosciuta che spesso viene percorsa con superficialità, se non addirittura ignorata, perché  le gite  si dirigono abitualmente verso la Torre Pendente o sul litorale, ma questo territorio offre tante altre piccole “perle” che sfuggono al turismo di massa: dalla Pieve di S. Giovanni a Ermolao all’ antico borgo di Vicopisano, dal Convento di S. Cerbone  al Mulino dello Zambra,  che non posso trattare adesso, ma  potranno darci lo spunto per altre mete interessanti. Alla prossima!

(Per ulteriori informazioni rivolgersi a APT Pisa 050-42291)

 

da C&TL Anno 3 N. 3 - Ottobre/Novembre 1998

 UN PARCO INCANTATO: VILLA DEMIDOFF di Lealdo Magni

L'’antica via Bolognese che da Firenze si inoltra a nord verso l’Appennino, scorre al centro di un paesaggio ricco di ville e giardini da cui si aprono bellissimi scorci panoramici. A segnare il confine di questo paesaggio con quello più propriamente rurale c’è l’immenso parco della Villa Medicea di Pratolino, oggi Villa Demidoff. - E’ facilmente raggiungibile da Piazza della Libertà percorrendo la Statale 65 in direzione Pratolino - Vaglia per circa 12 km, dopo aver superato La Lastra e Trespiano, come segnalato dalle indicazioni turistiche.

Acquistata per tremila scudi dal Granduca Francesco de’ Medici, figlio di Cosimo I, nel 1568 con un vasto appezzamento di terreno di circa venti ettari, e  voluta dallo stesso,  per la veneziana Bianca Capello, futura granduchessa, affinchè la sua fantasia ed il suo sogno d’amore  prendessero corpo in uno scenario stupefacente.

Il Granduca la edificò infatti alle falde dell’Appennino, in un luogo aspro e impervio, dove il paesaggio non ha nulla delle colline ridenti e dolci a Firenze: quasi una sfida alla logica.

La villa rappresenta l’autoritratto di Francesco che qui mette in pratica il suo dilettantismo, traduce le sue passioni e trasferisce le sue predilezioni estetiche.

L’impianto generale della villa, terminato nel 1575, risponde ai criteri di simmetria e chiarezza compositiva che connotano le architetture di Bernardo Buontalenti.

Qui natura,  arte e  tecnica si compenetrano: le sale del piano sotterraneo diventano grotte, le statue del parco confondendosi fra l’acqua ed il verde sono come assorbite dagli elementi naturali, i temi ora rustici ora mitologici delle grotte e delle fontane si intersecano creando scenografie allegoriche e irreali.  L’acqua ha un ruolo predominante in questo scenario fantastico: è energia meccanica, suono, spettacolo e gioco. Per mezzo del movimento dell’acqua si producono non soltanto musiche ed armonie, ma si mettono in moto anche statue, porte e animali. Le grotte che si trovano sotto la villa sono tutte dedicate al tema dell’acqua: la grotta del Diluvio, della Spugna, dei Ranocchi, della Ninfa Galatea, del Tritone  e le fontane della Lavandaia e  dell’ Ammannati, celebrante la nascita dell’ acqua, che sprizza  dai seni di una figura marmorea: la Terra.

La grandiosa statua dell’Appennino, opera del Giambologna, un colosso che raffigura un vecchio che domina uno stagno di ninfee, è uno dei più bizzarri monumenti dell’arte manieristica, ed è quel poco che resta della straordinaria coreografia.

Già verso la metà del seicento, a causa di infiltrazioni nella struttura muraria, si verificarono dissesti statici e lesioni, ma non si pose alcun riparo alla fiabesca dimora finchè i Lorena, succeduti ai Medici, non ritennero opportuno mantenere in vita il complesso già fortemente danneggiato per l’azione del tempo e per l’incuria e nel 1820, dopo aver spogliato il luogo di quanto di prezioso vi si trovava,  fecero demolire la villa, ma  ristrutturarono il parco trasformandolo all’inglese e questa distruzione fisica dette luogo alla sua fortuna storica.

Dopo il 1872 i Lorena vendettero la tenuta al principe russo Paolo Demidoff che riadattò gli ambienti, ricavò la nuova villa dall’ex paggeria e restaurò le superstiti strutture rinascimentali del parco. Dopo la morte dell’ultima principessa Demidoff, Maria, vennero venduti all’asta molti arredi della Villa e dal 1981 tutto il complesso è di proprietà dell’Amministrazione Provinciale di Firenze.

Nella visita si possono notare esemplari notevolissimi di querce e platani plurisecolari e questo intreccio di arte e natura fa di questo parco delle meraviglie un modello da prendere come esempio per la problematica  della conservazione e del restauro dei manufatti.

Pratolino è ancora oggi un giardino di grande fascino ed è forse un esempio unico di parco manierista trasformato in giardino romantico ed è aperto al pubblico da marzo a ottobre, il sabato e la domenica dalle 10 alle 20. (Per ulteriori informazioni tel. 055-409427).